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Roma, 6 ott. (Apcom) - Se fosse stato un vero referendum sarebbe fallito, visto che il quorum sarebbe stato fissato a 35mila voti validi e che alle urne si sono recati in 24mila. Ma resta il fatto che 24mila vicentini, il 28% della cittadinanza, si sono recati in 32 urne 'false' per un referendum auto-gestito ad esprimere la propria contrarietà all'ampliamento della base Usa dell'aeroporto Dal Molin, di fatto già consegnata dal Governo in mani statunitensi. Una affluenza tanto più significativa proprio in quanto si è trattato di un referendum simbolico, nel quale il 95,66% dei votanti si è espresso contro la volontà del Governo. I seggi, aperti dalle 8, hanno chiuso alle 21, ma lo scrutinio è finito che era quasi mezzanotte: 24.094 i votanti pari al 28,56% degli iscritti alle liste elettorali. Di questi, 23.050 sono voti favorevoli all'acquisizione, da parte del Comune di Vicenza, dell'area del Dal Molin: il 95,66% dei votanti, dunque, ha risposto si al quesito, bocciato nel contenuto dal Consiglio di Stato, che recitava "E' lei favorevole alla adozione da parte del Consiglio comunale di Vicenza, nella sua funzione di organo di indirizzo politico amministrativo, di una deliberazione per l'avvio del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, previa sdemanializzazione, dell'area aeroportuale Dal Molin ove è prevista la realizzazione di una base militare statunitense - da destinare ad usi di interesse collettivo salvaguardando l'integrità ambientale del sito?". Per il presidio permanente del Comitato No Dal Molin Vicenza ieri "ha dato un esempio pratico di federalismo" e i vicentini hanno detto a chiare lettere che vogliono essere 'padroni a casa nostra'. Proprio contro i leghisti e i loro slogan si scatena il rancore del Comitato, che accusa la Lega tradizionalmente forte in Veneto e vicina alle esigenze della cittadinanza, di avere 'tradito' Vicenza e essersi venduta al 'padrone' visto il suo essere al Governo. "Ai leghisti resta il biscottino di premio che gli da il loro padrone - dicono - Dicevano 'padroni a casa nostra', ma sono servi dei padroni. I leghisti, duri a Pontida e venduti a Vicenza, sono coloro che escono maggiormente umiliati dalla consultazione popolare che ieri si tenuta a Vicenza. Nella città berica è successo - prosegue il No Dal Molin - che i cittadini hanno preso la parola per difendere la propria terra sulla quale hanno farneticato per anni i leader della Lega Nord, che oggi si sono ridotti a fare i giullari di corte del Governo Berlusconi. Parlano di federalismo, ma sostengono l'autoritarismo". Secondo il Comitato promotore del referendum è indubbio che la consultazione popolare ha rappresentato una "vittoria della partecipazione, un risultato straordinario che nessuno può ignorare, in primo luogo il governo, una prova di democrazia che restituisce sovranità all`Italia e al territorio di Vicenza. Ci auguriamo - dicono - che nessuno voglia seguitare ad andare avanti in maniera miope contro tutto e tutti, calpestando la volontà popolare". Insomma, la sentenza del Consiglio di Stato, che pochi giorni prima del 5 ottobre, data fissata per il referendum, aveva stabilito una sospensiva per la consultazione popolare, non ha 'tagliato le gambe' al No Dal Molin che ha messo in campo un'organizzazione millimetrica, con l'appoggio dei vertici istituzionali della città, ossia del sindaco Achille Variati, che aveva promosso il referendum. Quando, mercoledì scorso, era arrivata la sentenza del Consiglio di Stato, il sindaco Variati aveva annunciato: "Se non ci permettono di votare nelle nostre scuole, voteremo davanti alle nostre scuole, sotto i nostri gazebo". E così è stato. "Un risultato eccezionale - ha commentato a caldo il sindaco - che dimostra la volontà della cittadinanza di esprimersi. Chi criticherà questa giornata di democrazia - ha concluso - organizzi un referendum autogestito e porti a votare 24.000 cittadini a favore della base militare". Condividi