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Prendendo spunto dal fatto che il crescente aumento dei prezzi dei beni e dei servizi che si registra nel nostro Paese sta stroncando i redditi delle famiglie più povere, il segretario regionale di Rifondazione Comunista, Stefano Vinti se la prende a giusta ragione, in un suo comunicato stampa, con i soliti esperti, “ad iniziare dalla grande stampa, quella libera e indipendente”, che sostengono che questa ennesima impennata la si debba esclusivamente all’aumento delle materie prime e petrolifere. Lui non la pensa proprio così, e nota: “In molti ci hanno spiegato che le liberalizzazioni e la presenza di una molteplicità di operatori fossero una condizione sufficiente per evitare esiti monopolisti e che, comunque la vigilanza dell’antitrust avrebbe garantito tale eventualità”. Forti di questa convinzione si è così dato vita ad una doppia operazione per cui “si sono progressivamente liberalizzati i prezzi di molti beni e al tempo stesso si sono smantellati gli uffici preposti al loro monitoraggio”. La conseguenza di tutto ciò è che ora “Le imprese, che hanno qualche potere di mercato, colgono l’occasione di eventi esterni, come le turbolenze dei costi delle materie prime, per speculare sul prezzo dei loro prodotti”. Questi eventi esogeni costituiscono quindi occasione di “collusione esplicita e implicita con le altre imprese”. Una collusione facilitata – sempre secondo il segretario umbro del Prc – “dal numero ristretto di operatori e dallo scambio di cariche nei consigli di amministrazione delle diverse imprese”, per cui è sufficiente che si verifichi un qualche segnale esterno ed ecco che scatta immediatamente “la molla degli aumenti dei prezzi in misura superiore all’aumento dei costi sostenuti”. Fino a quando nell’ambito del ministero dell’economia esisteva un sistema di osservazione dell’andamento dei prezzi – osserva ancora Vinti – “sapevamo che i prezzi dei beni che erano liberalizzati correvano di più di quelli soggetti a controlli (5,4% contro 2,4% nel 2005)” per cui “i prezzi dei beni soggetti a controllo avevano una dinamica leggermente superiore a quella dell’indice generale dei prezzi (che è stata in realtà del 2,2% nel 2005), ma comunque nettamente inferiore a quella dei beni liberalizzati”. Ciò dimostra che la liberalizzazione non assicura affatto il contenimento dei prezzi e che si rende perciò necessaria una decisa inversione di rotta. Condividi