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di Nicola Bossi Quasi tremila tra lavoratori, semplici cittadini e sindacalisti hanno raggiunto lo stabilimento dell'Antonio Merloni - azienda impegnata nel settore degli elettrodomestici e che occupa 5mila persone in tre regioni - per manifestare la loro grande preoccupazione per una crisi che si sta facendo sempre più grave e quasi irreversibili. L'azienda non ha presentato il piano industriale per il rilancio, nonostante una lunga concertazione con i sindacati. E inoltre sta ricorrendo, con turnazioni, alla cassa integrazione negli stabilimenti delle Marche, dell'Emilia Romagna e Umbria. Il passivo - come si evince nei bilanci - è gravissimo: 37 milioni di euro per il 2007, e nei primi 6 mesi del 2008 si è già toccata quota 16milioni di euro; in linea dunque con la previsioni negative dell'anno precedente. Al corteo sono presenti sindaci di Fabriano, Gubbio, Nocera Umbra e Gualdo; gli assessori allo sviluppo delle Regioni Marche e Umbria, e i segretari regionali di Rifondazione Comunista, Stefano Vinti (Umbria) e Giuliano Brandoni. Quest'ultimi, insieme alla Fiom Cgli, sono stati tra i più attivi per far accendere i riflettori sulla questione dell'Antonio Merloni. La crisi aziendale della storica azienda, in particolare per i territori dell'appennino umbro che vanno da Gubbio fino a Spoleto, è una sorta di psico-dramma sul modello Alitalia: su 5 mila occupati a livello nazionale ben 2mila vengono da questa fascia. L'economia di questi territori, dopo la crisi del settore ceramico e del calzaturificio a basso costo, era sorretta dai salari proprio dell'Antonio Merloni. Condividi