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“Non mi nascondo il fatto” che la riforma della legge elettorale europea con uno sbarramento del 5% e senza preferenze, ''possa danneggiare un partito come l'Udc: io non ne gioisco, e allo stesso tempo non me ne interesso, ma penso che un Paese non abbia bisogno di piccoli partiti, ma di grandi aggregazioni”. Lo ha affermato oggi il coordinatore nazionale di FI Denis Verdini nel corso di un dibattito con Maurizio Gasparri alla Scuola di formazione politica di Fi a Gubbio sulla riforma delle norme elettorali. Se Verdini non ne gioisce e non se ne interessa, proviamo invece qui ad interessarci della vicenda, analizzata la quale, effettivamente, c’è poco da gioire. Che cosa si vuole ottenere con lo sbarramento al 5% e con l’eliminazione delle preferenze? Queste ultime, anche a causa del calderoliano Porcellum, stanno godendo di una seconda, insperata, giovinezza. Per lunghi lustri accusate di essere causa di voto di scambio, mercanteggiamenti truffaldini e da qui fino a risalire alle guerre puniche e al buco dell’ozono, ora le rivogliono tutti. “Aridatece le preferenze”, meglio queste che il Porcellum. Al solito, in Italia, il problema non sta tanto nel mezzo che si usa per raggiungere un obiettivo, quanto nel modo in cui questo mezzo viene usato. Tradotto, nei comportamenti della classe politica. Comunque, il dibattito qui resta aperto. Più interessante è andare invece a vedere le motivazioni che stanno dietro all’innalzamento della soglia di sbarramento. Senza addentrarsi nei numeri, le motivazioni politiche sono chiare. Pd e Pdl hanno bisogno di dragare più voti possibile, gli uni andando a pescare nel bacino della sinistra radicale e non solo, gli altri in quello della destra dura e pura, e non solo. Le loro classi dirigenti ne hanno bisogno per, a seconda delle esigenze, rafforzarsi, restare in vita, o boccheggiare sul pelo dell’acqua. Visto che nell’era dell’informazione H24 i fatti vengono stritolati dalla narrazione che si fa dei fatti, il risultato delle prossime elezioni europee non verrà analizzato sulla base delle tematiche europee appunto, ma verrà tutto letto su chiave interna. Per il Pd la soglia sotto la quale sarà una Caporetto è il 30%, per il Pdl invece perdere consensi rispetto alle passate politiche sarebbe comunque una botta. Se ciò si dovesse verificare, si sa cosa avverrebbe in Italia: si decontestualizza totalmente quel voto da quella che è la sua dimensione europea, si bypassano le tematiche strettamente collegate a quel voto e ricomincerà ad essere lanciata dalle agenzie una parolina magica. Discontinuità. Il vecchio e felpatissimo termine democristiano che tradotto significa un paio di cose semplici semplici: siluramento delle classi dirigenti di un partito e ridefinizione dei rapporti di potere all’interno di esso. Ecco perché fare il pieno alle europee è così importante. Niente di scandaloso, per carità. E’ noto che le classi dirigenti tendano a conservarsi il più a lungo possibile nei posti di potere. Checché ne dicano molti, sia permesso un po’ di sano cinismo, è dai posti di potere che si fa la politica. Poi si può chiacchierare e riempire le piazze quanto si vuole. Se niente di scandaloso c’è dunque, il tentativo di infiocchettare una patacca e di farla passare come un’opera d’arte fa invece sorgere un po’ di civilissima incazzatura. La più clamorosa di queste patacche è quella della governabilità. L’organo di Strasburgo è stato pensato per essere uno strumento principalmente consultivo e con pochi poteri, che non elegge governi, dove tutte le culture politiche rappresentate possano liberamente esprimersi. O almeno così era stato pensato dai pilgrim fathers della patria europea. Patria dei trombati, inutile, costoso, criticato quanto si vuole, ma posto dove almeno le culture politiche, dall’estrema destra all’estrema sinistra, sono rappresentate. Che almeno le nostre classi dirigenti parlino chiaro, non pretendano di venderci una crosta per un Picasso. Ci incazzeremmo di meno e ci guadagneremmo in chiarezza. Condividi