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di Renzo Zuccherini Conoscete la vicenda delle lettere di diffida inviate dalla Gesenu, che ingiungevano il pagamento immediato di tutta la tariffa 2007, poi prontamente smentite dalla stessa Gesenu. A prima vista si è trattato solo di un pasticcio burocratico, ma, a ben vedere, dietro questo esempio di inefficienza si scorge tutta l’ideologia della privatizzazione: così il ”disguido” ha avuto almeno il merito di aprirmi un piccolo squarcio di luce sulla questione del passaggio da Tarsu a Tia, che finora mi sembrava un semplice cambio lessicale. Invece, le parole sono importanti: lo dovevo ben sapere! Che cosa è accaduto? Che la riscossione delle quote dovute dai cittadini non è più effettuata dal Comune (attraverso la sua concessionaria), ma direttamente dalla società che gestisce il servizio. Siamo infatti passati da una tassa sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) a una tariffa sull’igiene ambientale (Tia). Quindi, due cambiamenti: 1) il passaggio dalla raccolta dei rifiuti all’igiene ambientale: sembrerebbe un bel passo avanti verso un’idea globale dell’ambiente urbano, entro cui inserire la questione dei rifiuti. Ma il passo avanti nominale è smentito dal secondo cambiamento: 2) il passaggio da una tassa, imposta dagli organi pubblici per un servizio pubblico, a una tariffa, richiesta da un privato in cambio di un servizio individuale, come accade per un pranzo al ristorante o per una telefonata sul cellulare. Ma la gestione dell’igiene ambientale è una questione privata tra me e la Gesenu? Io devo pagare per l’igiene ambientale di casa mia, ma chi paga per quella dei Corso Vannucci o di via Campo di Marte o per le sponde del Tevere? Certo, ci sono molti “cattivi cittadini” che pensano che la propria casa debba essere uno specchio, ma si possano buttare impunemente i rifiuti dal finestrino della macchina, o si possa tranquillamente buttare la cicca sul selciato della via: ma il bene pubblico (le vie, le piazze, i greppi, i fiumi, ...) non sono roba di nessuno, sono roba di tutti; e la sporcizia sulle vie inquina anche casa mia. Come si fa ad avere un’idea privatistica dell’igiene ambientale? Ma soprattutto, il fatto che non si tratti di un rapporto privatistico è dimostrato dal fatto che le grandi scelte in campo ambientale non possono essere oggetto di una trattativa tra me e la Gesenu: tanto per fare un esempio attuale, costruire un inceneritore (o termovalorizzatore) oppure puntare alla raccolta differenziata. La politica ambientale è un fatto pubblico, e non può che passare attraverso la partecipazione popolare: ecco allora il pericolo che l’idea della privatizzazione riduca tutto a una questione tecnica ed economica, eliminando dalla scena la politica (quella seria, non quella delle pratiche di partito). Del resto, un rapporto privatistico dovrebbe comportare per l’utente, o meglio per il cliente, la possibilità di scegliere la società di gestione in concorrenza con altre, così come già avviene per il telefonino e comincia ad avvenire per l’energia elettrica. Ma io potrò scegliere tra la Gesenu ed altre società di gestione? non la vedo facile, ma soprattutto non la vedo compatibile con la possibilità di operare scelte politiche consapevoli a favore della riduzione dei rifiuti, della raccolta differenziata e del riclicaggio. Una società privata punta comunque al profitto immediato, e su questo obiettivo misura le scelte (discarica, inceneritore, differenziazione, ecc.): ma l’igiene ambientale è un valore strategico, in cui il bilancio finale è rappresentato da tutta la comunità, non solo dai conti della società di gestione (che scarica i costi sulla comunità). E allora ricominciamo a pensarci non come utenti, e tantomeno come clienti, ma come cittadini: cioè come attori responsabili delle scelte in materia ambientale, a cominciare dai rifiuti che facciamo uscire dalla porta di casa. Condividi