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PERUGIA - Il federalismo in generale, e il federalismo fiscale in particolare, piace ai piccoli imprenditori. È quanto emerge da un sondaggio commissionato da Confartigianato a ISPO e presentato nei giorni scorsi dal professor Renato Mannheimer. “Il sondaggio condotto su un campione di artigiani e piccoli imprenditori in tutta Italia, tra il 17 e il 21 luglio 2008 – sottolineano Massimo Nocetti e Stelvio Gauzzi, rispettivamente presidente e segretario di Confartigianato Imprese Perugia -, rivela che per la maggior parte degli intervistati, il 75 per cento, sarebbe preferibile una qualche forma di federalismo, più o meno radicale. Più in dettaglio, per il 38 per cento, la soluzione che piace di più è quella di uno Stato federale che dia autonomia e poteri alle regioni. Il concetto di Stato assistenziale, invece, sembra decisamente in crisi: per 2 intervistati su 3 (62 per cento), infatti, lo Stato deve garantire solo un certo numero di servizi fondamentali, come l’istruzione e la sanità, lasciando poi che i cittadini provvedano come vogliono per tutto il resto”. “Il federalismo, però, non deve tradursi in una maggiore tassazione - continuano Nocetti e Gauzzi -. L’esempio della sanità a questo proposito è illuminante: ben il 79 per cento del campione non sarebbe disposto a pagare tasse più alte per una sanità regionale migliore di quella standard nazionale. La questione delle tasse risulta particolarmente dolente: circa 9 imprenditori su 10 ritengono alta l’attuale pressione fiscale. E solo l’11 per cento la ritiene giusta, né alta né bassa”. “Non solo le tasse, così pesanti, per l’86 per cento degli associati intervistati, non garantiscono il giusto livello di qualità dei servizi e di benefici erogati, che sono al di sotto delle aspettative. Ne discende, da un lato, la percezione di una mancata equità anche nella distribuzione delle tasse tra i cittadini, (per l’89 per cento del campione) e, dall’altro, l’alto gradimento accordato all’ipotesi di assegnare alle regioni maggiore autonomia anche per quanto riguarda le tasse e i servizi pubblici (per l’80 per cento)”. “Per il 64 per cento del campione di imprenditori intervistati - aggiungono il presidente Nocetti e il segretario Gauzzi -, inoltre, l’ipotesi di federalismo fiscale non esclude a priori la possibilità di continuare ad erogare sostegni economici alle regioni più povere da parte dello Stato o delle regioni più abbienti. Il modello di federalismo fiscale proposto dal Governo raggiunge tra gli intervistati un discreto livello di conoscenza, sebbene solo il 12 per cento del campione dichiari di conoscerlo bene, il 70 per cento dichiara comunque di averne sentito parlare, e solo il 18 per cento, invece di non esserne a conoscenza. Tre intervistati su 4 ritengono che il federalismo fiscale porterà vantaggi ai cittadini, i quali avranno più controllo sull’impiego delle tasse (77 per cento), godranno di un loro utilizzo più efficiente (75 per cento) e dei benefici derivanti da un maggiore controllo sull’evasione fiscale (74 per cento)”. “Non solo, quasi la metà del campione si aspetta che con il federalismo fiscale miglioreranno i servizi e i benefici per i cittadini, soprattutto in termini di sicurezza (45 per cento), di sanità (45 per cento) e di semplificazione burocratica per le imprese (43 per cento)”. “In un’ottica di approccio graduale al federalismo - continuano -, i piccoli imprenditori ritengono che le funzioni di spesa da attribuire per prime alle regioni, che ne riceverebbero poi le entrate corrispondenti, siano la tutela e la sicurezza del lavoro (26 per cento), la ricerca e l’innovazione per le imprese (23 per cento), le infrastrutture (20 per cento) e la tutela sanitaria e la promozione degli alimenti locali (21 per cento)”. “Infine - concludono Nocetti e Gauzzi -, le attese verso le ricadute concrete sull’attuale livello di tassazione. La maggioranza relativa del campione sostiene che le tasse resteranno sostanzialmente invariate. Tuttavia un quarto degli imprenditori si aspetta che le imposte sui redditi e sugli utili di impresa diminuiranno. Quote inferiori, ma consistenti di intervistati, invece, si aspettano che possano diminuire l’Ici sugli immobili produttivi (22 per cento) e le imposte indirette (15 per cento)”. Condividi