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Quando la musica corre più della politica: nell'Arab Music Orchestra di Nazareth musicisti israeliani e palestinesi convivono e lavorano in pace con il fine di proporre al resto del mondo un patrimonio artistico importante ed un'idea di futuro. L'orchestra ha suonato ieri sera al Festival delle Nazioni di Città di Castello, che quest'anno è dedicato a Israele per celebrarne il sessantesimo anniversario della nascita. Sette musicisti seduti in semicerchio con strumenti rigorosamente acustici: due violinisti, due percussionisti, un suonatore di oud (il liuto arabo con il manico corto), uno di nay (flauto che risale, pare, all'epoca dei Faraoni) ed un virtuoso del bellissimo kanum, un'arpa a forma di trapezio a 72 corde che si suona pizzicandole con entrambe le mani. Davanti ai musicisti la brava cantante Lubna Salame, vocalmente composta ma molto espressiva, considerata l'astro nascente della musica palestinese. Suoni suggestivi ed ancestrali, geograficamente lontani, a un primo ascolto, dai gusti occidentali, in realtà molto vicini ad un clima mediterraneo che trova echi nelle musiche popolari del nostro meridione, o nel folclore greco e, ovviamente, in quello spagnolo. La world music non l'hanno inventata i produttori londinesi negli anni Ottanta. Quella dell'orchestra di Nazareth è una musica ricca armonicamente e con una fresca verve ritmica, coinvolgente, che induce curiosità e offre atmosfere suggestive. In più, ieri sera, ben ambientata nell'architettura rinascimentale della cittadina umbra, la sua musica ha avuto il merito di suggerire un fraterno mix di culture e civiltà. Il concerto era dedicato ad una delle più grandi voci, forse la più amata, della musica araba, l'egiziana Oum Koulthum, più che una semplice cantante, una sorta di interprete dei sentimenti, dell'anima stessa della cultura araba. Il suo mausoleo continua a essere meta di pellegrinaggio a 33 anni dalla morte: un fenomeno che è difficilmente accostabile a qualcosa di simile in occidente. Prima che un fatto musicale, comunque, l'orchestra è, vuole essere, per il solo fatto diesistere, un messaggio. E' nata una decina di anni fa nel conservatorio di Haifa, promossa da Nizar Radwan, il primo violino, e comprende musicisti di tutte le grandi religioni monoteiste: ebrei, cristiani, musulmani. Anche il suo pubblico, quando suona in patria, è composito. Da Haifa, che è la città israeliana simbolo dei tentativi di convivenza, si è poi trasferita a Nazareth. Gira il mondo per diffondere un progetto di pacificazione ed in Italia ha suonato anche alla recente fiera del libro di Torino, dedicata anch'essa, come il festival della Nazioni, ad Israele. Condividi