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roma - L’emergenza salari in Italia ha assunto ormai una dimensione non più sopportabile. La notizia di ieri, secondo la quale nei primi undici mesi di quest’anno l’aumento delle retribuzioni (mediamente +2%, ma con punte ancora inferiori per il pubblico impiego e per i lavoratori del commercio )è stato inferiore alla crescita dell’inflazione (+2,4%) sembra aver impresso un’accelerazione all’azione dell’esecutivo che, grazie anche alla decisa spinta esercitata dalla Sinistra per imporre all’ordine del giorno la necessità di redistruire più equamente la ricchezza nazionale, pare essersi finalmente deciso ad affrontare questo tema. Varata definitivamente la Finanziaria - ed assieme ad essa il decreto sul welfare - che anche se non pienamente soddisfacente, contiene comunque misure a sostegno delle famiglie meno abbienti (ulteriore esenzione dell’Ici sulla prima casa, ulteriore detrazione Irpef sugli affitti, bonus per i giovani che mettono su casa, detrazione irpef di 1.200 euro per le famiglie numerose, aumento delle detrazioni sui mutui per la prima casa, detrazioni per l’iscrizione agli asili nido, rideterminazione degli assegni alle famiglie con disabili, abolizione del ticket sanitario, ecc), si è avviato lo studio di un pacchetto di misure, le prime delle quali dovrebbero trovare applicazione già a gennaio, volte, appunto, ad aumentare il reddito reale di chi lavora. A quanto si è saputo a tutto ciò si accompagneranno anche misure a favore della ricerca e delle infrastrutture. Tornando al pacchetto riguardante il lavoro dipendente, del quale il Consiglio di ministri dovrebbe cominciare a discutere venerdì prossimo, in occasione dell’ultimo appuntamento del 2007, la spesa che verrà messa sul tavolo di confronto si aggirerebbe sui 12-16 miliardi di euro nell’arco di un triennio, distribuiti fra detrazioni fiscali ed interventi ancora a sostegno diretto delle famiglie. Quanto è necessario per allontanare la minaccia della ripresa dell’inflazione che, accompagnandosi con i rincari che si sono già verificati (mentre altri se ne annunciano a prossima scadenza) dei prezzi e delle tariffe, potrebbe mettere in ginocchio altri milioni di famiglie di lavoratori. Sul piano concreto c’è da dire che per la famiglia si punta ad un'operazione di semplificazione degli attuali istituti con la sostituzione degli assegni per il nucleo familiare e le detrazioni Irpef per i figli a carico, con la "dote fiscale del figlio". Torna così in pista un pacchetto che era stato presentato in alternativa agli sgravi sull'Ici sulla prima casa e che era stato accantonato. In una prima fase dovrebbe riguardare i bambini che hanno da 0 a 3 anni e via via i nuovi nati che si porteranno appresso la dote fino al compimento della maggiore età. Dal punto di vista tecnico la dote in questione sarebbe rappresentata da una detrazione (sotto forma di aumento in busta paga) che corrisponderebbe a 2.550 euro all'anno per il primo figlio e che aumenterebbe col crescere del loro numero, mentre si ridurrebbe, senza tuttavia scalini ripidi, con la crescita del reddito. Anche se nessuno figlio verrebbe comunque escluso dallo sgravio. Il costo dovrebbe aggirarsi intorno al miliardo di euro. Più complessa, e onerosa (almeno 6,3 miliardi per il primo intervento), la partita per riscrivere la curva dell'Irpef. In ogni caso se ne parlerà con la Finanziaria del 2009. I tecnici, intanto, hanno allo studio il passaggio dell'aliquota per il primo scaglione di reddito (fino a 15 mila euro) dall'attuale 23 per cento al 20, con lo scaglione che, però, scenderebbe a 7.500 euro. Poi, in una seconda fase, si passerebbe all'abbattimento delle aliquote Irpef per i dipendenti con reddito annuo tra i 30 e i 40 mila euro. Come si può ben vedere l'obiettivo che si intende perseguire non è una riduzione generalizzata del carico fiscale, cosa scarsamente percepibile e già sperimentata senza esito nella passata legislatura, ma quello di rimettere al centro il recupero del potere d'acquisto di chi ogni mese riceve la busta paga. Una strategia studiata anche per rilanciare l’azione, di un esecutivo che è apparso troppo spesso profondamente dilaniato, riproponendo la politica dei redditi come asse portante della sua politica economica. Tentativo che ora può avere successo, visto che in questo primo anno e mezzo di vita il governo è riuscito, bene o male, a mettere in sicurezza la dinamica del deficit. Una specie di biglietto da visita con il quale presentarsi alla verifica di maggioranza di gennaio e che fa leva, come abbiamo detto, sul riordino del meccanismo delle detrazioni fiscali, sull'introduzione della "dote fiscale del figlio", fino ad arrivare alla riscrittura delle attuali aliquote della curva dell'Irpef. Un percorso a gradini, a partire dalla prima metà del prossimo anno, quando con la Trimestrale sarà già possibile valutare l'entità strutturale dell'extragettito fiscale che secondo le prime simulazioni dovrebbe arrivare a 6,3 miliardi di euro. Ciò che manca per completare il quadro finanziario di questa manovra dovrebbe arrivare ancora una volta dalla lotta all'evasione fiscale, ma anche da ulteriori tagli alla spesa pubblica improduttiva. Vale la pena di ripetere che queste misure riguarderanno esclusivamente i lavoratori dipendenti, ma non tutti, solo quelli che guadagnano fino a 40 milioni di reddito all’anno sui quali pagano le tasse fino all’ultimo centesimo. Non si tratta di roba di poco conto, trattandosi del 90% di chi lavora a busta paga. I più colpiti dal caro vita di questi anni, stando anche ai dati di Bankitalia che ha calcolato nella misura del 4% la perdita del loro potere d’acquisto nel quinquennio 2000-2004, lo stesso lasso di tempo nel quale, tanto per avere qualche riferimento, quello dei lavoratori autonomi è invece cresciuto del 15%. Ed aumentare le disponibilità finanziarie per questa massa di lavoratori (famiglie comprese) significa anche rilanciarne i consumi e con essi l’intera economia del nostro Paese, così da combattere le ragioni che stanno alla base di quel declino italiano su cui tanto si parla in questi giorni e che si lega proprio al continuo scivolamento sul fondo della classifica dei lavoratori a reddito fisso, anche di quelli che un tempo non lontano erano classificati “ceto medio”, ovvero gente che beneficiavano di una qualità della vita quanto meno dignitosa. Parallelamente a ciò si dovrebbe anche riavviare la trattativa per i rinnovi contrattuali che deve chiudersi al più presto, come lo stesso Prodi ha “intimato” a Luca Cordero di Montezemolo nei giorni scorsi, in occasione dell’incontro con le parti sociali svoltosi a Palazzo Chigi. Ma di questo converrà parlare più a fondo in altra occasione. Condividi