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di Eugenio Pierucci Per chi non ha mai sentito parlare dei “parametri di Lisbona”, diciamo subito, per semplificare, che si tratta di obiettivi da raggiungere alla data del 2010 che l’Unione Europea si è data riguardo a 4 grandi aree socio-economiche che sono state a loro volta suddivise in 12 indicatori. Si tratta di “occupazione”, “sostenibilità ambientale”, “coesione sociale” e “innovazione”. Di recente il Centro Studio Sintesi ha effettuato una ricerca al riguardo, pubblicata nei giorni scorsi dal “Sole 24 Ore”, il cui scopo era quello di verificare la distanza che separa le diverse regioni italiane dal raggiungimento di questi obiettivi; ricerca che ha preso in esame il periodo 2000-2007. Ebbene, da questo “studio” è emerso questo risultato: sono tre le regioni italiane (Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia) prossime al raggiungimento dei traguardi fissati. Altre 8, fra le quali l’Umbria, sono prossime alla meta rispettando pienamente la tabella di marcia, mentre le rimanenti regioni, prevalentemente meridionali (ma anche l’Abruzzo e il Lazio fra esse), sono più distanti e per la maggior parte di esse è ipotizzabile che non ce la facciano a rispettare il tempo dato. Già così potremmo ritenerci soddisfatti per l’exploit realizzato dalla nostra piccola regione che è brillantemente riuscita a mantenere il passo con aree del Paese tradizionalmente assai competitive, ma c’è un fatto che pesa negativamente e che converrà prendere maggiormente in considerazione, perché impedisce all’Umbria di portarsi ancora più avanti in questa graduatoria, ben più vicina alle tre regioni italiane più virtuose Si tratta della nostra debolezza rilevata in tema di “innovazione”, per la quale l’Umbria sprofonda nella 17ma posizione fra le 20 regioni italiane. Una preoccupante posizione di retroguardia la cui responsabilità la ricerca del Centro Studio Sintesi attribuisce essenzialmente alla parte cosiddetta “privata” che evidentemente non svolge appieno la sua parte. In tema di innovazione l’Umbria, pur vantando una delle migliori performance in termini di velocità di avvicinamento all’obiettivo del 2010 (+4% nel periodo 2000-2007), contro una media nazionale che è dell’1,2%, resta assai distante: ben 69,7 punti sui 100 totali. A pesare in merito, ci spiegano gli autori di questa ricerca, è proprio l’indicatore relativo della spesa privata in ricerca e sviluppo, e non si deve certo al caso che proprio in questo senso si stiano indirizzando le politiche regionali di promozione dello sviluppo che si prefiggono di sostenere con molteplici strumenti gli investimenti in questo senso delle imprese private, incrementando una cultura dell’innovazione quanto mai necessaria. Fortuna vuole che a pareggiare in qualche modo questo preoccupante ritardo ci sia l’ottava piazza rimediata tanto per l’area “occupazione” che per quella della “sostenibilità ambientale” ed ancora più la seconda posizione dell’Umbria (dietro solo al Lazio) in tema di “coesione sociale”. Si pensi che in questo senso la ricerca sostiene che saremmo distanti dal raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona di appena 15,7 punti su 100. Ora, siccome è del tutto evidente che a pesare fortemente in questo parametro è il soddisfacente livello dei servizi che elevano indubbiamente la qualità della vita dei cittadini, e considerato che questi servizi vengono per lo più assicurati dalle istituzioni locali (Comuni principalmente), come ha giustamente messo in rilievo Stefano Vinti, segretario regionale umbro di Rifondazione Comunista, si possono trarre queste due considerazioni: la prima è che i rinnovati tagli di risorse nei confronti delle autonomie locali da parte del governo di centrodestra rischiano di compromettere il cammino dell’Italia intera, e dell’Umbria in particolare, verso la realizzazione degli obiettivi di Lisbona; la seconda è che in questo senso, contrariamente a quanto ci viene quotidianamente ripetuto dai sostenitori del “privato è bello”, da noi l’iniziativa pubblica contribuisce assai più di quanto facciano i nostri imprenditori nel sostenere lo sviluppo complessivo della società umbra. Insomma, la ricerca del Centro Studio Sintesi fa giustizia sgomberando il campo da tesi non vere e di comodo che cercano di dipingere la nostra come una regione arretrata ed in crisi, confermando il buon governo che da sempre contraddistingue l’Umbria nel panorama nazionale. Condividi