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PERUGIA - L'aia all'imbrunire, dove due lunghe tavole sono apparecchiate per la cena, e' satura del frastuono del vecchio trattore, che trasmette il moto alla trebbiatrice. Ruotano pulegge e cinghie, e mentre il grano finisce a colpi di forcone nella macchina, e' tutto un fremere di spranghe, battitori e controbattitori. La trebbiatrice e' degli Anni Cinquanta o giu' di li', ma sembra nuova, rinfrescata com'e' di vernice, e scintilla di un bel colore arancione. E' questa la scena che - e' detto in un comunicato della Regione - si ripetera' domani sera a Magione, per la ''Festa della Battitura'' che Elio Carlani (gia' direttore della Cantina dei Colli del Trasimeno, oggi assessore al Comune di Magione e appassionato collezionista di vecchie macchine, attrezzi ed utensili agricoli) organizza nella casa colonica, di proprieta' dell'Ordine dei Cavalieri di Malta, adibita ad ospitare il suo ''museo delle tradizioni contadine''. ''La trebbiatrice - dice Carlani - l'abbiamo restaurata pezzo per pezzo e rimessa in funzione, cosi' come il trattore 'a testa calda', come si diceva una volta. Cosi' abbiamo pensato di organizzare questa 'Festa della battitura', come ricostruzione verace di quello che, fino agli Anni Settanta e prima dell'avvento delle mietitrebbia (quella che in poche ore miete, trebbia e trasporta il grano ai magazzini, ndr), era forse l'evento piu' popolare e significativo nelle campagne. E ovviamente - aggiunge Carlani - al lavoro della trebbiatrice e dei trebbiatori, eseguito con meticolosita' direi filologica, per mostrare che tutto potrebbe funzionare ancora come una volta, seguira' la classica 'Cena della battitura', con il menu contadino di una volta''. ''Certo, rispetto alle mietitrebbia e' tutto piu' pionieristico - dice Elio Carlani -, capita spesso che le cinghie si strappino, e' tutto molto piu' faticoso, ma quando i semi sgorgano dai cassoncini di pulitura e' una soddisfazione vera. E quando la paglia s'ammassa, fino a delineare quella sagoma familiare ai piu' vecchi, il pagliaio, la soddisfazione e' doppia: i giovani non li hanno mai visti, i pagliai, soprattutto quelli enormi, che una volta si scorgevano anche da molto lontano ed erano il simbolo-principe della vita di campagna''. ''Lo facciamo senza nessuno scopo 'utilitaristico' - sottolinea Carlani -, soltanto per far resuscitare una sera, in modo concreto e visibile, le tradizioni contadine di un tempo. Tradizioni - aggiunge -, alle quali credo sia giusto ritornare, non certo per trebbiare come una volta, ma per trarne insegnamento e ispirazione di vita''. Condividi