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Carissime/i, E’con rammarico che vi scriviamo questa lettera e compiamo questo passo. Il rammarico di chi ha costruito fin dagli inizi questo partito investendo le proprie energie e la propria passione militante in un progetto allora affascinante e ambizioso: la rifondazione comunista. Questo progetto non esiste più, il patto originario che ci aveva tenuto insieme è stato spezzato e il Prc non solo ha alle spalle un’esperienza di governo fallimentare, che ne ha snaturato il senso e il ruolo, ma si appresta a una capriola politica in direzione di una nuova soggettività, l’Arcobaleno, che chiude un ciclo politico e manda a casa migliaia di militanti. Come se non bastasse, tutto questo viene realizzato con il sequestro del congresso agli iscritti e alle iscritte in modo tale che quando verrà restituita loro la parola le scelte principali saranno state già fatte.Noi non ci stiamo e pensiamo che sia venuto il momento di fare altro e di disporsi a una nuova progettualità. Gli avvenimenti dell'ultimo anno del resto hanno confermato i peggiori timori che molti di noi avevano colto nelle decisioni del Congresso di Venezia. Si doveva “cambiare l’Italia” e questo obiettivo non è più nemmeno lontanamente ipotizzato; si doveva costruire un’alleanza con la “borghesia buona” dei Marchionne, Draghi e Padoa-Schioppa e da questi è venuta una linea di liberismo tenace a cui il Prc si è semplicemente subordinato; la "permeabilità" del governo alle istanze sociali per mezzo delle nostre pressioni si è rivelata infine impossibile. La "relazione con i movimenti" si è rovesciata nel loro abbandono (si pensi al voto su guerra e Dal Molin dopo soli quattro giorni dalla grande manifestazione del 17 febbraio); non si è minimamente riusciti a incrinare la subordinazione di questo governo al Vaticano su temi come i diritti civili, la scuola e così via. Se la scelta del governo è stata proposta all’insegna del “vuoi vedere che cambia davvero” - con un errore di analisi che si è rivelato tragico - dopo qualche mese la stessa ipotesi di una "riduzione del danno" si è tradotta nel suo contrario, nell'accettazione di provvedimenti persino peggiorativi rispetto a quelli adottati dal precedente governo. Il caso del Pacchetto Welfare e del Decreto Sicurezza ne costituiscono la dimostrazione. Sul Welfare, Rifondazione si è spinta fino a promuovere una grande manifestazione il 20 ottobre che è stata vanificata dall’accettazione piena del provvedimento siglato da governo, Confindustria e sindacati. Una sconfitta che non sarà recuperabile a breve. Sulla sicurezza, invece, si è abdicato persino al ruolo di “presidio democratico” accettando un provvedimento dalla logica aberrante e, soprattutto, restando in silenzio nei giorni in cui il paese era lasciato in pasto a una isteria xenofoba alimentata dallo stesso Partito Democratico. La "maggiore visibilità" del partito si è tradotta nell'apparire ai nostri elettori come i maggiori responsabili (e i più elettoralmente puniti) del carattere antipopolare del governo Prodi e della sua ipocrisia di fronte al programma. Responsabilità che viene di fatto confermata dall’impegno ribadito a sostenere questa maggioranza fino "all'approvazione delle riforme", termine dal quale ormai si può solo temere. Anche questo passaggio rappresenta una torsione incredibile rispetto alla nostra storia e al nostro ruolo. Ci siamo vincolati a un programma di governo fortemente sbilanciato sul versante del liberismo – si pensi al nodo dei parametri di Maastricht – nell’ossessione del pericolo delle destre e ora lo stesso Berlusconi viene indicato come l’architrave di una riforma necessaria, proponendo un inedito asse con lui e Veltroni che ha Prodi come vittima sacrificale. E tutto per ottenere una riforma elettorale in grado di realizzare la “cosa Arcobaleno” e di reimpostare il patto con il Pd. Un esempio inedito di cinismo politico e di spregiudicatezza tattica. Di fronte al bilancio fallimentare dell’azione di governo il presidente della Camera ha preferito distogliere l’attenzione chiamando in causa il “fallimento di Prodi”. In realtà siamo di fronte al fallimento di Rifondazione che coincide con il suo snaturamento. Quel partito anticapitalista, di lotta, fuori dai poli, distante dal centrodestra e dal centrosinistra, oggi non esiste più. La logica governativa, ancora una volta, ha travolto convinzioni forti e rigidi paletti; la logica della mediazione ha preso la mano alla nitidezza del conflitto. In questo contesto l’esigenza di unire la sinistra ha reso impalpabile la chiarezza programmatica e la forza dei contenuti. Non è un caso, dunque, che per non parlare del fallimento in atto si sposti l’attenzione su un nuovo progetto, “la Sinistra, l’Arcobaleno”. Quella in corso è sostanzialmente l'ipotesi di gettare il partito in un calderone di "sinistra istituzionale" con forze che non intendono mettere in discussione nè l'alleanza con il Pd nè l'appoggio al governo Prodi, o che non hanno al centro delle loro preoccupazioni le condizioni di vita dei lavoratori. Ma soprattutto è un’ipotesi che chiude definitivamente con il progetto della “rifondazione” cioè con il tentativo di rinnovare e ridare senso all’opzione comunista. Non sappiamo se nella consapevolezza dei compagni e delle compagne c’è questa constatazione: la rifondazione è stata sempre annunciata come prossima a venire, anche se un dibattito serio non è mai stato realizzato; è sempre stata l’aspirazione futura che ha però dato linfa e speranza al nostro progetto collettivo. Oggi per la prima volta non esiste nelle prospettive di domani, essendo ormai la “rifondazione della sinistra”, genericamente intesa, la preoccupazione dominante. Non amiamo la discussione sui simboli nè li consideriamo dei feticci. Ma non è un caso che ancora una volta sia proprio il simbolo della falce e martello la vittima sacrificale di questo rimescolamento delle carte a sinistra. Ancora una volta si verifica uno slittamento moderato e ancora una volta a essere rimossi sono gli unici simboli viventi della storia del movimento operaio. La nuova cosa Arcobaleno, dunque, si appresta a nascere dentro un orizzonte timidamente riformista, di stampo governativo e con un azzeramento di quel patrimonio non negoziabile rappresentato dal conflitto sociale e dalla costruzione dei movimenti che ha caratterizzato il Prc. Si appresta a nascere, cioè, affossando la rifondazione comunista. E fatto ancora più grave, questa scelta non viene sottoposta ad una verifica seria da parte dei e delle militanti, dentro il dibattito congressuale. Si sceglie invece la strada di una “consultazione" (parola equivoca viste le precedenti esperienze) che avverrà solo sul tema delle "condizioni per la continuazione della partecipazione al Governo" e che espropria le compagne e i compagni che rappresentano l’ossatura del partito della possibilità vera di decidere: questa è la conseguenza del “colpo di mano” rappresentato dal rinvio del Congresso alla fine del prossimo anno, quando ormai scelte e decisioni saranno irrevocabili - e comporteranno la scomparsa del progetto di una rifondazione comunista e rivoluzionaria (qualunque significato si voglia dare a questo concetto). La situazione che si è venuta a determinare, quindi, ci fa dire che la nostra esperienza nel Prc è conclusa e che intendiamo avviare la costruzione di un nuovo progetto politico. Una separazione che nasce dalla presa d’atto che due progetti diversi prendono strade diverse: da un lato Rifondazione chiude di fatto la propria storia, sottraendo il congresso ai suoi militanti, per dare vita a un nuovo soggetto politico, con un nuova identità, timidamente riformista e a vocazione governativa; dall’altro, Sinistra Critica, con forze certamente più modeste ma senza per questo rinunciare “all’utopia concreta” e allo slancio politico delle sue compagne e dei suoi compagni, propone di continuare a costruire una sinistra di classe, anticapitalista, di opposizione, centrata sui movimenti e in grado di riappropriarsi dello spazio teorico e pratico di una moderna sinistra rivoluzionaria. Una sinistra all’opposizione, oggi, del governo Prodi.Una sinistra a sinistra dell’Arcobaleno. Una separazione, dunque, che nasce nel vivo di un passaggio di fase molto importante e in un processo di rimescolamento generale della e nella sinistra. E’ questo, dunque, a conferire valore politico e attualità alla scelta che noi oggi compiamo. Ma nel momento in cui la compiamo, naturalmente non possiamo e non vogliamo dimentica la rottura che si è operata con l’espulsione del nostro compagno Franco Turigliatto, colpevole di essersi rifiutato di votare ciò che per anni il partito aveva contrastato. Quella scelta l’abbiamo fatta nostra a sua tempo e oggi la rivendichiamo e se c’è una distanza tra quell’episodio e l’atto politico di oggi, questa testimonia della volontà di dare ancora una possibilità al dibattito interno. Possibilità che non è maturata e che le decisioni delle ultime settimane hanno ormai reso illusoria. A quei compagni e quelle compagne che vi hanno creduto e che pensano sia possibile cambiare il corso delle cose diciamo oggi di riflettere seriamente. Non vi diciamo, semplicemente, venite con noi e seguiteci in questa scelta ma riflettete seriamente. Davvero, si rischia di disperdere un patrimonio militante molto importante e si rischia di dover ricominciare con forze molto esigue. Anche per questo abbiamo parlato di “Costituente Anticapitalista”: rivolta a forze politiche e sociali di movimento ma rivolta anche a tutti coloro che hanno militato o militano ancora in Rifondazione, o in altri partiti della sinistra, e che vogliono darsi una nuova occasione. Vi comunichiamo dunque la fine della nostra presenza nel Prc. Lo facciamo serenamente e senza settarismi, nella nettezza della polemica politica, che non concede sconti, ma anche nella consapevolezza che non mancheranno momenti di collaborazione e di confronto. Ma è tempo di ricordare che in Italia sono sempre esistite due sinistre; una moderata e riformista e l’altra anticapitalista e rivoluzionaria. Nel momento in cui il Partito democratico sceglie il centro, le due sinistre sono destinate a venire alla luce. Fraternamente, Matteo Bartolini, Sergio Bellavita, Salvatore Cannavò, Luigino Ciotti, Lidia Cirillo, Danilo Corradi, Christian Dal Grande, Flavia D’Angeli, Gianluigi Deiana, Nadia De Mond, Roberto Firenze, Aurelio Macciò, Elena Majorana, Gigi Malabarba, Felice Mometti, Cinzia Nachira, Chiara Siani, Nando Simeone, Franco Turigliatto Condividi