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di Isabella Rossi Non secondaria nel rapporto tra Barbara e il marito, Roberto Spaccino, accusato del suo omicidio, sembra essere la questione riguardante la suddivisione dei ruoli in famiglia e la gestione delle risorse patrimoniali, sulle quali le attività di Deruta e Marsciano sicuramente incidevano per la maggiore. Questo è emerso nell'udienza di oggi dalle testimonianze rese dai genitori di Barbara, Paolo Cicioni e Simonetta Pangallo. Barbara inizia a lavorare in lavanderia a diciassette anni e, nonostante la zia Elisa e i genitori le consigliano di proseguire gli studi, decide di lasciare la scuola. Il lavoro le piace, la fa sentire realizzata, dice lei. Capita poi che un giorno la lavanderia dove lavora già da tempo è in vendita. Il padre e la zia le suggeriscono di rilevarla, la mamma le indica la possibilità di usufruire di una legge regionale a finanziamento di imprese femminile al di sotto dei 30 anni. Va a finire che il finanziamento non lo riceve, poi però il padre, la zia e lo zio di Roma, Pierfrancesco Pangallo, le danno il necessario per avviare la sua attività. Roberto, a quel tempo, ancora fa il camionista. Un lavoro duro, faticoso anche da un punto di vista fisico. La lavanderia va bene. Il lavoro di Roberto è sempre più logorante per lui. Barbara, dunque, offre al marito di lavorare insieme nella lavanderia di cui lei è titolare. Il lavoro non manca e nel frattempo ci sono già i due bambini Nicolò e Filippo. Roberto accetta. Da allora Barbara continua ad alzarsi presto la mattina come sempre, svolge tutti i lavori di avviamento delle macchine stiratura, lavaggio, smacchiatura e alle due Roberto le dà il cambio. Una soluzione che al padre, Paolo Cicioni, appare ottimale. Ma i dissapori tra Barbara e Roberto sono continui. Roberto vorrebbe avere una lavanderia tutta sua e non dover lavorare in quella di Marsciano di cui Barbara è titolare. Roberto va via di casa per 3 giorni. E pone una condizione: lui a casa ci torna solo se si apre una seconda lavanderia. La seconda lavanderia, dunque, viene aperta nel 2005 a Deruta, accendendo un mutuo, riferiscono i testi Elisa e Paolo Cicioni. In un primo tempo la lavanderia è solo un punto di raccolta. Il lavoro viene fatto a Marsciano, da Barbara. Successivamente vengono acquistati i macchinari necessari ad eccezione della macchina per il lavaggio a secco. Lavorazione che continua ad essere effettuata dalla lavanderia di Marsciano. Negli ultimi tempi, tuttavia, Barbara è sempre più stanca. Paolo Cicioni riferisce che sua figlia aveva invitato il marito a vendere la lavanderia di Deruta, che sembra non andasse proprio a gonfie vele. Con la terza gravidanza il lavoro era diventato troppo pesante e lei pensava che il tempo a sua disposizione con la nascita della sua bambina sarebbe diminuito drasticamente. La giovane donna propone, dunque, al marito di occuparsene. Anche in questo caso, tuttavia, Roberto pone una condizione: chiuderà la lavanderia di Deruta solo se quella di Marsciano verrà messa a nome suo, ha riferito in aula Enrica, seconda moglie di Paolo Cicioni, con la quale Barbara spesso si era confidata. Roberto della lavanderia continua a parlare anche a sua suocera. Questo avviene nei giorni seguenti la morte di Barbara. I bambini sono dalla nonna materna. Roberto, nei giorni precedenti al suo arresto, su invito della suocera stessa si reca lì per dormire con i suoi figli. "Faceva discorsi sulla lavanderia", dice in aula Simonetta Pangallo, "di mia figlia non mi ha mai detto niente." Condividi