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C’era chi li dava, almeno artisticamente, morti e sepolti. Scialbi, privi di idee e di freschezza. Intristiti: in linea con quello stereotipo che accompagna i quattro di Athens (Georgia) e la loro musica e che loro odiano a morte. Tutto sommato, infilando nel lettore cd gli ultimi due lavori dei Rem, non si poteva che concordare con quella tesi. “Reveal” e “Around the sun” sono, per essere diplomatici, non particolarmente esaltanti. Osceni, se si vuol essere più sinceri. E invece. E invece succede che con “Accelerate”, quattordicesimo album dato alle stampe, i quattro che con “Murmur” (disco d’esordio del 1983 dopo l’EP “Chronic Town”) vennero adottati dalle allora nascenti college radio americane e sparati nell’orbita delle più influenti band degli anni Ottanta, sono tornati a nuova vita. Ad “Accelerate”, dopo i fiaschi dei due lavori passati, ci si accostava poco più di tre mesi fa con una certa diffidenza. Un nome, innanzitutto, azzeccato. “Accelerate” è un album secco (34 minuti), veloce, energetico. Messe un po’, ma non del tutto da parte le atmosfere introspettive che caratterizzavano la band, la colonna portante di questo disco è rappresentata dalla chitarra Rickenbacker di Peter Buck. Già dall’avvio, con “Living well is the best revenge”, che messa lì, all’inizio, è un vero inno, una bussola, è tutto uno sferragliare fiammeggiante di chitarra. Sarà pure un luogo comune, ma già dai primi minuti si capisce che i Rem sono tornati nel cortile di casa del rock. Più fresco e più elettricamente essenziale. Se, come detto, l’album si caratterizza per energia e compattezza, non si tratta però di un lavoro monolitico. L’andamento è altalenante. La seconda traccia, “Man-Sized Wreath”, è sulla falsariga della prima mentre il primo singolo che Stipe e soci hanno deciso di lanciare, “Supernatural Superserious”, è puro Rem style. Riff essenziali e potenti, drumming a supporto, ritornello che entra rapidamente nel cervello. Un pezzo di grande artigianato Rem. Fatto apposta per le radio, un po’ paraculo, se è concesso dirlo, ma decisamente ben fatto. Identica valutazione per la traccia numero quattro, “Hollow Man”. Ma con un tocco di emozione in più, rispetto alla precedente, dato da qualche graffio in più nella voce di Stipe. A pieno titolo, anche se è come scoprire l’acqua calda, quarto “strumento” della band. Con “Houston” si entra nella parte centrale del lavoro, e il ritmo cambia. Una ballad dalle sonorità folk con in primo piano l’acustica di Peter Buck che però, a modesto parere, avrebbe meritato uno sviluppo ulteriore. Bella e incompiuta. Traccia numero sei, “Accelerate”, ovvero la title track che riporta alle sonorità dominanti nella primissima parte del disco. “I've got to fall in another direction” canta Stipe nel ritornello, e così si passa infatti a “Until the day is done”, forse una delle vette dell’album. Ancora la chitarra folkeggiante di Peter Buck e il paesaggio sospeso disegnato dal piano a riportare alla memoria dei fans le atmosfere anni Ottanta: quelle che tanta gloria hanno dato ai quattro di Athens. Emozionante. A metà strada tra gli anni Ottanta e qualche pezzo aggraziato degli Smashing Pumpkins troviamo invece “Mr. Richards”. Sguardo all’indietro. “Sing for the submarine” è un cambio di registro continuo tra atmosfere taglienti, struggenti e qualche tocco di malinconia qua e là. A tratti con qualche fumosità psichedelica, è uno dei piatti migliori cucinati nell’album. Arrivano così le ultime due tracce dell’album. “Horse to water” è un altro cambio di sonorità e registri. Se qualche brano fa ci si trovava in pieni Eighties qui sono gli anni Novanta a farla da padrone con 135 secondi secchi di garage rock e qualche omaggio al grunge che fu. Fiammeggiante. Decisamente sui generis l’ultimo brano, “I’m gonna Dj”, quasi un divertissement post-punkeggiante con coretti glam che ricordano i Kiss. Divertente. In conclusione un disco finalmente ispirato e pieno di idee, alla cui riuscita va dato grande merito a Peter Buck, asse portante di tutto il lavoro. La pietra su cui si potrebbe fondare la nuova storia musicale di questa band da poco entrata nella sua terza decade di attività. Potete avvisare amici, parenti e colleghi: i Rem sono tornati e non resta che andarli ad ascoltare domenica 20 luglio all’Arena Santa Giuliana per il finale col botto della trentacinquesima edizione di Umbria Jazz. Condividi