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Giorgio Galli, sul Manifesto di mercoledì 2 luglio, ha giustamente rimproverato la tendenza catastrofista della sinistra italiana, aiutata certamente da un certo giornalismo massimamente compiacente nei confronti dei vincitori, che ha esaltato assai più del dovuto il successo elettorale di Silvio Berlusconi, quasi che quest’ultimo abbia definitivamente sbaragliato il campo. Non neghiamo certo la vittoria elettorale del centro destra, così come non sottovalutiamo il fatto che la sinistra sia stata cancellata dalle aule parlamentari italiane, cosa che deve stimolarci a reagire riprendendo al massimo grado l’iniziativa politica, riannodando il rapporto che si è bruscamente interrotto con gli elettori. Le condizioni per farlo ci sono tutte, compresi i numeri che, al di là della loro crudezza, delineano comunque un Paese che non si è arreso completamente al Cavaliere ed alla colorita coalizione che lo sostiene. Giorgio Galli ci ha infatti richiamato alla realtà della matematica ricordandoci che la maggioranza parlamentare che è andata al potere guadagnando il 46,8% dei voti, non è comunque maggioranza nel Paese. D’altro canto il centro sinistra “sparso” che comprende, oltre al Pd, anche i comunisti, i socialisti, i seguaci di Di Pietro e quant’altro, si è fermato ad un più modesto 42,9%, vale a dire ad una distanza inferiore al 4%. Una differenza che in un Paese normale non è certo considerata abissale e irrecuperabile. Altra cosa è la differenza per quanto riguarda il numero degli eletti, certamente più pesante, ma che si deve esclusivamente ad un sistema elettorale truffaldino che penalizza fortemente il criterio della rappresentanza. Va poi considerato che quanto resta di percentuale per arrivare al 100%, la parte più consistenza se l’è aggiudicata l’Udc di Casini (5,8%), seguita a distanza dalla Destra (2,4%). Ciò vuol dire che se anche volessimo regalare a Berlusconi i voti raccolti dalla Santanché questi non raggiungerebbe comunque il 50%. Se poi consideriamo il numero dei voti guadagnati, Giorgio Galli ci fa notare che il partito del premier, Forza Italia, non può in alcun modo dichiararsi vincente: aveva 10.923.431 voti nel 2001, è scesa a 9.045.384 nel 2006, con un crollo di ben 1.878.047 voti. E non è che sia andato meglio nel 2008, visto che assieme ad An, nel Pdl, ha avuto 13.686.673 voti, circa 65.000 voti in meno dei 13.752.038 voti che i due partiti avevano separatamente guadagnato nel 2006. Se la matematica non è un’opinione, come si suol dire, ciò significa che dopo sette anni il Cavaliere si è venuto a ritrovare con quasi due milioni di elettori in meno, malgrado che al Sud abbia recuperato molti dei voti che la Lega gli ha sottratto al Nord. Se poi ci vogliamo spingere oltre, analizzando anche il voto romano per il rinnovo del Consiglio comunale, al di la del fatto che, come si dice, anche un certo numero di elettori di centrosinistra avrebbe scelto Alemanno, anziché Rutelli, resta il fatto che il neo sindaco capitolino, eletto con 783.000 voti, è rimasto lontano dagli 844.000 voti che aveva guadagnato lo sconfitto Fini nel lontano 1993 ed anche al di sotto dei 799.000 voti raccolti da Tafani nel 2001: Ma, allora, se non ha guadagnato voti, perché la destra ha vinto? Lo ha fatto a causa di un fenomeno che molti hanno individuato, ma che pochi hanno compiutamente indagato: l’astensione. Fra il 2006 e il 2008 ci sono stati quasi 2 milioni di votanti in meno, un fenomeno che ha colpito fortemente il centrosinistra: gli studiosi dei flussi elettorali parlano di almeno 1,5 milioni persi per questo motivo. In questi ultimi due anni si è quindi ripetuto, all’inverso, il fenomeno che fra il 2001 e il 2005 aveva penalizzato la destra a causa della delusione determinata dai 4 anni di governo del Cavaliere. In quel caso il centrosinistra vinse, pur non guadagnando in termini di voti, perché l’astensione aveva colpito principalmente a destra. In questo quadro, come ci fa notare sempre Giorgio Galli, il “dato terremotate” è stato il crollo della Sinistra Arcobaleno che dal 10% più o meno che avevano insieme le sue diverse componenti, è scesa al 3%, venendo cancellata dal Parlamento, cosa che è accaduta anche per i socialisti che non vi sono più presenti dopo 126 anni, da quando, cioè, vi misero piede per la prima volta nel 1882 con Andrea Costa. In termini di voti la sinistra è scesa da 3,7 milioni a 1,2, lasciandone per strada, quindi, oltre 2 milioni e mezzo. Gli studiosi dei flussi elettorali fanno questi calcoli: il grosso è da imputare alle già citate astensioni, 375 mila circa sarebbero andati, invece, alle liste “ribelli” di Ferrando e Turigliatto, circa 750.000 a Veltroni, per il gioco del voto utile, e la parte restante, comunque poca cosa, alla Lega. Riassumendo, Berlusconi non ha assolutamente stravinto, visto che ha perso parte dei suoi voti, e deve il successo esclusivamente alla Lega ed ancora più ai milioni di nuovi astenuti che hanno penalizzato la sinistra. In questo caso Giorgio Galli fa il paragono con quanto è avvenuto per la questione “sicurezza”, tema che è stato fortemente al centro della campagna elettorale: quella percepita era in aumento, anche se le statistiche affermavano il contrario. La stessa cosa sta accadendo ora per il risultato del voto: anche in questo caso le statistiche non confortano Berlusconi, ma in tutti noi è stata indotta la percezione che abbia “stravinto”, perché ce lo ripetono tutti i giorni, così come facevano per la sicurezza durante la campagna elettorale, i più “autorevoli” organi di informazione: i Tg in primo luogo, ma anche la Repubblica e l’Unità parlano di “forte consenso popolare” e di “consenso amplissimo” per Berlusconi, quando, invece, dopo un quindicennio di ininterrotta campagna propagandistica che hanno trasformato ogni elezione in un referendum sulla sua persona, appena il 30% degli iscritti nelle liste elettorali ha votato per lui. La speranza ora è che, facendo tesoro di tutto ciò, la sinistra si dimostri capace di reagire, di riacquistare le forse perse per rilanciare la sfida, magari approfittando del fatto che anche i nostri avversari sono stati convinti dai mass media di avere stravinto, per cui parlano impunemente di deportare gli immigrati irregolari (badanti comprese), di schedare i rom, di incarcerare le prostitute, di distribuire milioni di carte di povertà, anziché aumentare le retribuzioni e le pensioni, e via dicendo. Lungo questa china qualche cosa può andare loro storto per loro e Giorgio Galli, che pure è scettico su questa nostra capacità, ci invita a farci trovare pronti alla lotta, traendo esempio da chi, praticando le arti marziali, riesce a sbilanciare e far cadere un avversario aggressivo e troppo sicuro di se. Condividi