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“Il settore del mobile in stile va necessariamente e urgentemente tutelato con un apposito marchio di qualità che possa garantire un futuro all’intero comparto. Bisogna rispondere ai mercati emergenti, che stanno proponendo prodotti a basso costo, con la qualità dei nostri artigiani mobilieri”. E’ questo, in sintesi, quanto emerso dall’audizione di stamattina in II Commissione alla quale hanno preso parte alcune associazioni di categoria e produttori del mobile in stile chiamati a Palazzo Cesaroni per l’avvio della discussione su una proposta di legge del capogruppo dei Verdi e Civici Oliviero Dottorini inerente l’ “istituzione del marchio del mobile in stile prodotto nei comuni di Città di castello, San Giustino, Citerna, Umbertide, Pietralunga, Montone, Lisciano Niccone, Monte Santa Maria Tiberina, Gubbio”. Nel suo intervento, Antonio Bruschi (Confartigianato-Cna Umbria), dopo aver consegnato un documento “di proposte” al presidente Franco Tomassoni, ha lamentato “il mancato coinvolgimento e la concertazione, nella stesura della proposta di legge, delle associazioni artigiane del legno-arredo. Sono evidenti da tempo – ha detto – le molteplici criticità del settore, per questo abbiamo già depositato, presso la Camera di Commercio, un marchio di ‘Qualità naturale’. Bene quindi – ha puntualizzato – l’istituzione del marchio del mobile in stile che deve riguardare, però, non solo l’Alto Tevere, ma gli artigiani di tutta la regione”. Contrario a quanto proposto da Bruschi si è dichiarato Graziano Marinelli (presidente consorzio altotiberino Smai), per il quale “non si può generalizzare il mobile regionale. Quella del comprensorio dell’Alto Tevere è una produzione particolare che potrebbe essere allargata ad altri comuni soltanto se verranno rispettate alcune caratteristiche, comunque, difficilmente compatibili con altre zone. Il marchio di qualità per le nostre produzioni si rende fondamentale per il proseguimento di una tradizione che a tutt’oggi vede impegnati moltissimi giovani”. Per il direttore del consorzio Smai, Sandro Renghi, “il comparto può avere un futuro soltanto se si riuscirà a mantenere alta la qualità dei nostri prodotti, garantita, fino ad oggi, anche da alcune forme consortili. Una filiera come la nostra, – ha osservato – se salvaguardata da un marchio specifico di qualità, potrebbe continuare a dare grandi risultati. Il marchio è l’unico, fondamentale strumento per la competitività”. Condividi