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di Fabrizio Angeli "Non consentiremo - ammonisce Vendola - l'annullamento del congresso nazionale e una militarizzazione per cui l'espulsione di una parte va a vantaggio dell'altra parte". Vendola non ipotizza nessun ricorso in sede legale: "Noi vogliamo - spiega a chi gli chiede quali atti pensa di opporre la sua mozione alla decisione della commissione congressuale - che finisca in politica e non in tribunale". Secondo il leader bertinottiano, tuttavia, "l'annullamento del congresso di Reggio Calabria è un atto illegale, tanto più che è proclamato con l'interdizione a poter ripetere il congresso. Si tratta di un atto inaccettabile, burocratico, autoritario e arbitrario. E per noi che veniamo dalle strade della disobbedienza nel mondo, richiede un atto di disobbedienza per difendere questo partito e la sua dignità". Vendola garantisce che la parola "scissione" è per la sua mozione "bandita", ma ribadisce: "Noi rappresentiamo l'ala maggioritaria di questo partito, quella che si avvia a vincere il congresso a meno che qualcuno non decida di impedirlo con interventi mirati, con una censura chirurgica". Vendola si scaglia in particolare contro i sospetti lanciati dalla mozione 1 che fa capo a Paolo Ferrero sulle irregolarità nel tesseramento al Sud: "Trovo insopportabile - dice - pensare che si possa insinuare anche tra di noi un sentimento leghista, un pregiudizio contro il Sud. Si considera strano che un solo circolo abbia 3-400 iscritti e normale che in una federazione votino 5 o 6 iscritti. Il punto forse sta proprio qui, se dobbiamo costruire o meno una sinistra di popolo". Vendola lancia quindi un appello: "Vogliamo rivolgerci nuovamente - dice - ai compagni che hanno responsabilità prevalente delle altre mozioni: prevalga il senso di responsabilità. La nostra è una comunità provata, ma che sta vivendo una esperienza straordinaria nei congressi: bisogna avere la consapevolezza che c'è una grande attesa sul congresso perché riguarda il destino della sinistra". Condividi