manifestazione_giustizia.jpeg
Puntuale come un orologio, Silvio Berlusconi si è ripresentato sulla scena con i panni che tutti abbiamo già avuto modo di conoscere e non apprezzare. A condire l'orrenda offensiva del governo delle destre non potevano mancare le ciliegine sulla giustizia, autentica ossessione del cavaliere. E quindi arrivano i provvedimenti su intercettazioni, blocco dei processi, impunità per il premier. Mi sembra che un commentatore non certo sospettabile di pulsioni giustizialiste come il nostro compagno Peppino Di Lello abbia ben definito il carattere delle iniziative berlusconiane come "un notevole salto di qualità nella strategia della demolizione dello stato di diritto" concludendo un suo intervento sul Manifesto con un un'invocazione assai preoccupata: "opposizione, se ci sei, svegliati". Per questo ho aderito a titolo personale all'appello lanciato da Furio Colombo, Pancho Pardi e Flores D'Arcais per una manifestazione di protesta che si terrà a Roma l'8 luglio contro quelle che giustamente i promotori definiscono "leggi canaglia" del governo Berlusconi. Credo che sarebbe opportuna una partecipazione convinta del nostro partito e di tutta la sinistra. So che dalle nostre parti circola una certa idiosincrasia per quelli che Rina Gagliardi ha definito di recente su Liberazione "girotondi giustizialisti". Non sempre questo atteggiamento mi è sembrato fondato perché ho riscontrato che l'anatema di "giustizialismo" si è accompagnato spesso alla sottovalutazione dell'importanza e dell'attualità della battaglia sulla questione morale e contro le degenerazioni del sistema politico che coinvolgono tra l'altro lo stesso centrosinistra. Non ho mai sognato una "via giudiziaria al socialismo" né metto in discussione le posizioni garantiste che il nostro partito ha sostenuto, anche controcorrente, in questi anni. Ma da tempo non riesco a capire cosa ci sia di giustizialista nel difendere lo stato di diritto, l'indipendenza della magistratura, il diritto ad un'informazione libera e pluralista o nel denunciare il conflitto di interessi che non mi pare, tra l'altro, che riguardi solo Berlusconi. Ci si può battere contro il 41-bis e al tempo stesso contro il dilagare della corruzione? Si può difendere la legge Gozzini dal ddl Berselli e combattere contro la produzione su scala industriale di senso comune razzista e forcaiolo e al tempo stesso contrastare il riprodursi sistematico di norme che garantiscono l'impunità per i potenti? Io penso di sì. E senza temere di subire l'egemonia di Di Pietro da cui ci dividono tante di quelle cose che è impossibile elencarle. Semmai accade in questi giorni, come già nel passato, che i nostri elettori (meglio dire ex) siano "costretti" a simpatizzare per chi, pur lontano anni luce dalla sinistra, dà comunque voce alla loro indignazione. L'intervista di Berlinguer sulla questione morale, le battaglie di Peppino Impastato, "Le mani sulla città" di Rosi sono parte della storia di questo paese e della memoria di quello che si suole chiamare "popolo della sinistra". Non dobbiamo certo trasformarci in "questurini" né sentirci tali per denunciare le malefatte del Caimano che ovviamente, per noi, non si limitano alle leggi ad personam. Dopotutto nei territori, laddove facciamo il nostro dovere e non ci lasciamo attrarre dalle comodità del sottogoverno e delle clientele, non siamo noi assai più dell'IdV a denunciare l'intreccio politica-affari? Credo che i fatti di queste settimane dimostrino ampiamente quanto diritti, garanzie e libertà siano tenuti in considerazione nella destra antigiudici o tra gli avvocati di Berlusconi che siedono in Parlamento e di quanta disumanità siano capaci questi "garantisti" al servizio del potere. Non credo che possiamo accodarci al coro bipartisan, nel quale i dalemiani hanno svolto un ruolo da autentici protagonisti, che da un decennio invoca ad ogni piè sospinto il "primato della politica" come scusa per fare i conti con quella magistratura che appare troppo fastidiosa. Come ebbe modo di scrivere un osservatore imparziale come il sociologo Alessandro Pizzorno, quando viene ripetuto da più parti che va ristabilito questo primato "sotto il sostantivo astratto la politica, occorre leggere il sostantivo concreto i politici". Dovrebbe essere chiaro a qualsiasi liberale, e anche alla nostra sinistra nutritasi ampiamente degli scritti di Norberto Bobbio, che il potere ricevuto attraverso il voto popolare non implica un primato e una insindacabilità da parte degli altri poteri dello Stato nell'esercizio dei compiti che la Costituzione loro assegna. Consiglierei a tutti i nostri compagni e compagne di leggere l'ottimo libro di Alberto Vannucci e Donatella Della Porta, sociologa nota per le ricerche sui movimenti sociali, dal titolo "Mani impunite", purtroppo credo mai recensito o segnalato sulle pagine del nostro quotidiano. Gli autori descrivono "l'anomalia di un paese liberal-democratico industrializzato che presenta livelli di corruzione paragonabili a quelli dei paesi in via di sviluppo, un paese nel quale l'illegalità politico-amministrativa deborda dai suoi livelli fisiologici permeando qualsiasi ambito di azione pubblica, i mercati economici e finanziari, la società civile". Eppure, o meglio proprio per questo, "la rimozione del problema corruzione si presenta come una strategia vincente e bipartisan". E ancora: "la classe politica ha avviato una strategia di sistematica denuncia delle indagini giudiziarie che coinvolgono suoi esponenti come forme di intromissione di una magistratura politicizzata in sfere di legittimazione elettorale che non le competono". L'ultimo Berlusconi non rappresenta altro che l'apoteosi di un'offensiva di lungo periodo, accompagnata da una campagna martellante dei media e della grande stampa. non credo che Berlusconi abbia scelto a caso un convegno confindustriale per annunciare lo stop alle intercettazioni. la postdemocrazia italiana non gradisce orecchie indiscrete. Trovo davvero incomprensibile che si perpetui un atteggiamento snobistico su questi temi. Proprio perché ritengo limitata e inefficace un'opposizione che si riducesse all'antiberlusconismo, non penso che si possa continuare ad appaltare soltanto a Di Pietro, Travaglio, Grillo la battaglia su temi che suscitano una sacrosanta indignazione dell'opinione pubblica democratica. Proprio perché il "populismo antipolitico" sta trascinando il nostro paese in una deriva autoritaria e illiberale è fondamentale il ruolo che può svolgere Rifondazione Comunista colmando un vuoto d'iniziativa e mobilitazione quanto di elaborazione programmatica e di lettura della realtà e della fenomenologia di sistemi di potere che qualsiasi sinistra degna di questo nome non può che combattere. Vorrei anche constatare che l'insostenibilità dell'anomalia italiana è particolarmente sentita in quella porzione di società più giovane e colta, in quel popolo della rete, in quel cognitariato che affolla il blog di Beppe Grillo tanto per denunciare la propria condizione di precarietà (non a caso Sergio Bologna nel suo ultimo libro ha ampiamente fatto uso delle testimonianze tratte dal sito) quanto per trovare una qualche controinformazione quotidiana rispetto ai mille abusi del potere. Si tratta in molti casi di persone che hanno condiviso con noi la strada dei movimenti, ma che di recente ci hanno percepito come troppo chiusi nel Palazzo e comunque interni alle logiche di un ceto politico meritatamente delegittimato. La considerazione che l'appello di Flores, Pardi e Colombo non fa riferimento ai temi sociali e del lavoro, ai diritti civili, al carattere liberticida e xenofobo dei primi passi del governo non impedisce di condividere la denuncia dell'attacco senza precedenti ai principi della Costituzione. Spero che l'8 luglio a Roma davanti al Pantheon sventolino anche delle bandiere rosse. Condividi