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L’articolo del segretario di Rifondazione Comunista Stefano Vinti apparso sul giornale elettronico Umbria Left e ripreso da alcuni quotidiani locali, prendendo spunto dal documento conclusivo dei lavori dell’Assemblea provinciale di Sinistra Democratica, pone una serie di questioni sulla prospettiva dell’azione politica della Sinistra sulle quali vale la pena tornare a riflettere. Sull’analisi della situazione economica e sociale dell’Umbria e segnatamente della provincia di Perugia credo ci sia poco da aggiungere. Sono considerazioni che da tempo e, per quanto riguarda il sottoscritto, da tempi non sospetti andiamo facendo. I limiti di questo modello di sviluppo sostanzialmente legato al ciclo del mattone e sostenuto da energiche iniezioni di denaro pubblico e, soprattutto, il fiato corto e la mancanza di prospettiva di questo meccanismo sono ormai noti. Perplessità sulla capacità di tenuta per il futuro di questo modello si iniziano ad affacciare, stante agli ultimi resoconti giornalistici, anche all’interno del variegato gruppo dirigente del Partito Democratico umbro. Vinti sicuramente ricorderà che considerazioni di questo tenore erano già contenute nel documento di base con il quale si diede avvio all’esperienza umbra del Tavolo regionale della Sinistra e, in maniera più dettagliata, nella bozza di documento per la conferenza programmatica regionale della Sinistra, prevista per la primavera 2008 poi rinviata cause elezioni. Su questo siamo d’accordo. Di più c’è solo il fatto che questo modello di sviluppo oltre a non portare sviluppo duraturo e con solide radici (ma questo era scritto anche nei lineamenti dell’ultimo Piano di sviluppo redatto dalla Regione nel lontano 1999), a compromettere, in taluni casi in maniera irreparabile, il patrimonio ambientale regionale, è, stante le indagini avviate dalla magistratura, fonte di malaffare con il rischio di travolgere l’immagine e l’autorevolezza delle amministrazioni umbre, un’immagine ed un’autorevolezza che è patrimonio in primo luogo di tutta la Sinistra. E veniamo alla prima questione. Come mai, nonostante la consapevolezza dei limiti di questo modello, del fatto di stare su di un treno che andava in una direzione sbagliata, non si è riusciti, la Sinistra non è riuscita non dico ad invertire la marcia, ma a fare in modo che qua e là emergessero segnali di ripensamento. Vinti nel suo articolo cita alcuni esempi di “resistenza passiva”, di cui sicuramente va dato atto a Rifondazione, ma il cui impatto è stato decisamente marginale. Mai si è aperto un dibattito/confronto serio e approfondito sui nodi di fondo dello sviluppo regionale. Quindi si poteva fare di più, certo ma quel di più si scontrava con i limiti dello stare in coalizione, nella coalizione di centro sinistra. E qui arriviamo al secondo punto. La coalizione di centro sinistra, come punto di riferimento dell’agire politico della Sinistra, non esiste più. A distruggere il centro sinistra, è ormai arcinoto, non è stata certo la Sinistra ma il Partito Democratico con la scelta operata alle elezioni del 13 e 14 aprile scorso. Dietro la frase del voler “correre da solo” si nasconde, e neanche troppo, l’idea perseguita dal Partito Democratico di un modello di fatto bipartitico che comporta il perseguire un disegno di annientamento, in parte portato a termini con le elezioni di aprile, della Sinistra come soggetto politico autonomo. Nel modello sin qui seguito dal Partito Democratico non c’è spazio per un soggetto autonomo, e sottolineo autonomo, della Sinistra. Adesso si racconta che all’interno del Partito Democratico è in corso un ripensamento. Ottimo, staremo a vedere. Però, stando ai fatti sono due le conclusioni da trarre. La prima il centro sinistra non esiste (caso mai va ricostruito su basi nuove ed io ritengo che vada ricostruito, ma questo è un altro ragionamento), la seconda, il Partito Democratico non è, per la Sinistra, il “naturale alleato”. Come faccio a considerare naturale alleato colui che vuole la mia scomparsa come forza politica autonoma? Quindi se come Sinistra in questo frangente mi devo dare un obiettivo è, nel mentre lavoro a ricostruire un mio insediamento sociale, sconfiggere, fare in modo che esca sconfitta, duramente sconfitta la linea bipartitica del Partito Democratico. Adesso, mettendo insieme le due questioni, ed avendo sempre presente l’avvertenza che non si può essere considerati oggetti indesiderabili per il governo nazionale, ma utili ad assicurare maggioranze del Patito Democratico in questo o quel comune, in questa o quella regione, come comportarci in Umbria? Anche qui altra avvertenza, in questo caso rivolta alla Sinistra, non si può essere repubblicani a Roma e papalini a Perugia. E’del tutto evidente (ed il richiamo, lo dico esplicitamente, non è dovuto alle recenti vicende su cui sta indagando la magistratura) che siamo giunti al capolinea, è necessario dare un chiaro segnale di inversione di marcia, di discontinuità con il passato. La Sinistra deve farsi carico di dare questo segnale, da cui partire per ricostruire…..il ricostruibile. Da qui la proposta contenuta nel documento finale dell’Assemblea di Sinistra Democratica con l’invito rivolto agli amministratori di Sinistra Democratica, cito testualmente “a prendere in considerazione l’opportunità di uscire dalle maggioranze, per dar corpo a quella svolta di metodi e contenuti necessaria per l’Umbria e le sue città, affinché esse non cadano nelle mani della destra, ma restino governate da rinnovate coalizioni progressiste e di sinistra”. Il motivo è chiaro. Solo dando un chiaro segnale di cesura con il passato è possibile ripartire per costruire il nuovo, per riaggregare attorno alla Sinistra forze nuove e migliori che condividono un disegno di rinnovamento e di alternatività al modello sin qui seguito. E tutti assieme, come dice Vinti, costruire “quel nuovo progetto politico che coniughi politiche industriali, lavoro di qualità, un nuovo welfare regionale, la questione salariale” e, al tempo stesso, con queste idee e progetti ricostruire un nuovo insediamento sociale della Sinistra. Questo significa essere alternativi al Partito Democratico? A questo Partito Democratico che fino ad oggi si è fatto portavoce di questo modello economico, politico e sociale? La risposta è: SI. Ed è da questa chiarezza di risposta che può nascere la possibilità di costruire, come recita il documento di Sinistra Democratica, “rinnovate coalizioni progressiste e di sinistra”. Da ultimo. E’ possibile costruire un nuovo centro sinistra su basi programmatiche nuove? Certo che si. Ma attenzione se il treno dell’Umbria, come noi auspichiamo, cambierà direzione, non è possibile che a condurlo ci siano gli stessi macchinisti e gli stessi capotreno. *Portavoce regionale Sinistra Democratica per il Socialismo europeo P.S. Vinti nel suo articolo obietta che in Umbria più che di sistema consociativo si dovrebbe parlare di ricorrenti aggiustamenti su singole questioni tra Pd e PDL. Questo perché il PDL non è “portatore di un modello alternativo di società” (quindi PD e PDL esprimono lo stesso progetto di società) e cerca spazi per “salvaguardare quel sistema clientelare che gravita attorno all’Università, le banche, le assicurazioni, gli uffici periferici dello Stato, alcuni settori del mondo delle imprese” e che più? E poi non sono questi soggetti i firmatari del patto regionale di sviluppo? Condividi