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di Gattucci Rossano* In relazione al lancio ANSA secondo il quale uno dei siti individuati per la realizzazione di una centrale nucleare sarebbe proprio l’Umbria, specificatamente nella zona di Narni, ma più in generale sull’idea di riproporre il nucleare come fonte energetica nasce la domanda su come, chi ogni giorno fa riferimento alla legittimazione popolare, possa ignorare una decisione del “popolo” che per mezzo di un referendum ha già espresso il suo non-gradimento a questa forma di fonte energetica. Il 1987 è stato l’anno dell’abolizione del nucleare nel nostro Paese, con un consenso di circa l’80% degli Italiani, ed il disastro di Chernobyl ha contribuito a smentire le affascinanti ed illusorie esposizioni dei devoti di questa ipotesi. Se tutto questo non ci fosse stato oggi l’Italia si troverebbe ad affrontare due gravissimi problemi: le scorie radioattive accumulate per centinaia di tonnellate ed una non quantificabile spesa per la messa in sicurezza di impianti obsoleti, tecnologicamente superati. Non è male ricordare il pericolo delle scorie radioattive che mantengono capacità di emissione per migliaia di anni e che sono in grado di contaminare migliaia di esseri viventi se disperse anche in quantità di pochi grammi. La pianificazione di centrali nucleari prevede investimenti di realizzazione e di gestione a dir poco faraonici, più ovviamente il costo del materiale fissile, risorsa che manifesta una continua diminuzione nel pianeta ed il cui approvvigionamento sta devastando intere aree (vedere l’Australia!). A conti fatti, questa fonte energetica risulta la più dispendiosa delle scelte possibili, oltre naturalmente ai gravi rischi che comporta; non va poi sottaciuto tutto il rinnovamento tecnologico ed infrastrutturale che tale scelta comporta e quindi almeno un ventennio di riadattamento del sistema energetico nel nostro Paese. Ci si può comunque chiedere come mai il nucleare è stata la scelta per molti paesi; al di là di scelte di comodo e non sempre dettate dall’interessamento per il bene pubblico, si potrebbe avanzare un’ipotesi che evidenzia una curiosa correlazione: tutti i Paesi che sono propensi a questa soluzione evidenziano ambizioni belliche di sviluppo di armi atomiche e tutti i paesi che hanno già prodotto armi atomiche non sono più così interessati alla costruzione di centrali nucleari. L’intreccio di interessi che avvolge la questione energetica è ampia ed affonda le sue radici nella rivoluzione industriale, quando ci si accorse che il controllo delle fonti di energia avrebbe condizionato la geopolitica degli anni futuri. Trascorsi oltre duecento anni il nostro Paese non è stato in grado di proporre sostanziali mutamenti nelle gestione delle risorse energetiche, proponendo solo fatui esempi di ammodernamento che non hanno determinato cambiamenti del modello di gestione delle risorse energetiche, ma ha creato solo falsi luoghi comuni che associano interessi monopolistici a illusorie immagini ecologistiche. *Rifondazione Comunista Circolo Perugia Nord Condividi