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di Irma Barbarossa Non sono d’accordo sulla valutazione che dai della mozione Vendola, ma questo non è importante. Dico solo che mi dispiace che tu non abbia colto nella candidatura “irrituale” di Niki segretario del PRC una “incompatibilità” politica tra la sua posizione di punto di equilibrio in Puglia di una coalizione in cui il PD fa la parte del leone e quella necessaria, radicale autonomia dal PD che Rifondazione Comunista dovrebbe ri-costruire. O no? Come firmataria della mozione n. 1 (Rifondazione Comunista in movimento), voglio ricordare che non abbiamo nessun candidato segretario o segretaria, per rispetto alla posizione politica (la “linea”, si diceva una volta) che si affermerà al congresso. Mi preme qui sottolineare due questioni: nel nostro documento la contraddizione capitale/lavoro non appare come primaria ma alla pari con la contraddizione di genere e quella tra specie umana e natura. Il povero Marx ci ha insegnato a criticare tutti gli assoluti e gli universali, in primis l’universalismo dell’uomo, che – a suo dire – occultava la distinzione tra economia e politica, tra citoyenne e bourgeois, ma non aveva avuto il sospetto che quell’universalismo occultasse anche la differenza sessuale (in nome di quel neutro universale maschile chiamato uomo: altro che uomo delle caverne …). Ci sono arrivate le femministe, a partire dalla loro parzialità. Un po’ più di attenzione, infatti, avrebbe forse meritato da parte tua la terza parte del nostro documento (i soggetti del conflitto e le culture della trasformazione), in cui si parla anche del femminismo. La seconda questione riguarda la mancata “unità” delle femministe del Forum delle donne. Ritengo il percorso del Forum e delle relazioni che abbiamo intrecciato con femministe senza partito il nodo più interessante della vita di Rifondazione Comunista. Fin dall’emergere nel dibattito della questione del “superamento del PRC” il Forum si è espresso nel Partito e pubblicamente in maniera molto critica. Dopo la sconfitta elettorale qualcuna ha rivisto le sue posizioni, ed è comprensibile che ciascuna viva la sua pratica e la sua modalità di intreccio tra comunismo e femminismo. C’è chi ritiene il comunismo un retaggio del ‘900 da superare, c’è chi ha deciso di non prendere posizione, c’è chi – come me ed altre- ritiene che il punto di vista comunista sia un elemento importante della soggettivazione politica e che la Costituente di sinistra – così come l’Arcobaleno- sia una scorciatoia per superare (e di fatto trascurare) la sconfitta sociale e la devastazione culturale in cui ci troviamo. Ora, ricomporci in una “sesta” mozione “in quanto donne” e persino”in quanto femministe” ci è sembrata una posizione molto debole o peggio, una nicchia. D’altronde ricorderai che la mozione”La libertà è nelle nostre mani” nell’ormai lontano ultimo congresso del PCI non impedì alle femministe di prendere vie molto diverse. Sono tra quelle compagne impegnate a praticare il conflitto di genere anche per trasformare la forma-partito che ci viene dalla tradizione comunista e intendo continuare con altre/altri a criticare il carattere patriarcale della tradizione (del movimento, delle forme statuali) del comunismo novecentesco, ma sono altrettanto impegnata a scandagliare (e contestare) l’intreccio micidiale tra capitalismo neo-liberista e patriarcato. Qui ed ora. In Occidente. Con un percorso di lungo respiro e senza scorciatoie, come ci dice spesso Marco Revelli. Giacchè le scorciatoie tendono ad occultare quello di cui oggi abbiamo disperatamente bisogno, la critica pratica del potere che oggi si alimenta dell’intreccio pervasivo tra neo-liberismo e patriarcato, dell’esaltazione del familismo e del macabro ritorno del sacro. Imma Barbarossa Condividi