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La grave vicenda che ha investito la struttura tecnica della Amministrazione provinciale di Perugia, rischia di minare dalle fondamenta la credibilità dell’ente. L’iniziativa della magistratura perugina ha rilevato fatti e comportamenti impensabili, di una gravità inaudita, che se provati, travolgerebbero una parte dei dirigenti della Provincia di Perugia, la rappresentanza massima dei costruttori di Confindustria, una serie di imprese tra le più strutturate della regione anche sul versante tecnico e tecnologico. Premesso che tutti i personaggi coinvolti sono da considerarsi innocenti fino all’ultimo grado di giudizio, non sfugge a nessuno, tanto più all’opinione pubblica e ai cittadini della provincia di Perugia, che i fatti contestati, mediante le intercettazioni telefoniche, svelano non un singolo caso di scorrettezza procedurale o di corruzione, ma a quanto risulta, un sistema collaudato teso a favorire alcune imprese a danno di altre o addirittura a svolgere lavori di “somma urgenza” che di urgenza e di somma non avevano proprio niente. Una vicenda che si coagula, ancora una volta, attorno al “ciclo del mattone” che caratterizza in Umbria un “modello di sviluppo” a basso contenuto tecnologico, ad un tasso pressoché nullo di innovazione di processo e di prodotto, caratterizzato da un diffuso lavoro povero di contenuti professionali, da alti tassi di insicurezza e bassi salari. Occorre uscire con una politica alternativa dal predominio delle tre “C” (cavatori, cementieri e costruttori), fondata su nuove e innovative politiche industriali e su una impresa di qualità, che faccia perno sulla ricerca e sull’innovazione. È urgente riaffermare una netta separazione tra le sfere dell’economia e della Pubblica Amministrazione e ricostruire una nuova autonomia della politica dai poteri forti. Questa crisi indica un passaggio di fase: la necessità di discontinuità nelle pratiche e di innovazione dei progetti; conservare l’esistente vuol dire essere condannati all’autoreferenzialità del ceto politico, a subire gli eventi e a non governare le novità. Rifondazione Comunista a questo ruolo non ci sta! Occorre attivare politiche che aiutino i territori a definire nuove politiche di sviluppo; ora e subito la politica deve essere capace di dare risposte, nette e chiare alla crisi in atto. Rifondazione Comunista non sottovaluta gli effetti di tale crisi, né sul versante dell’operatività della Provincia né sul versante dello sconcerto che colpisce tante cittadine e tanti cittadini. Sosteniamo tutte le iniziative in atto, come ad esempio l’istituzione di una commissione provinciale di inchiesta, per capire quello che è successo e quali ne siano le cause, ma soprattutto quali sistemi di controllo “terzi” debbono essere istituiti per dare alla Provincia, non solo nelle procedure ma anche nella sostanza, il massimo grado di trasparenza e correttezza, in particolare in settori delicati quale l’affidamento degli appalti. È inoltre ormai inevitabile verificare la qualità dei lavori già eseguiti. Cosi come non sfugge a Rifondazione Comunista che la totale autonomia dei dirigenti e dei tecnici della Pubblica amministrazione, senza reali controlli, è ormai un vero problema che va affrontato. La politica ha il mandato degli elettori a governare, pertanto la politica, rispondendo ai cittadini, ha il dovere di esercitare fino in fondo il proprio ruolo. Occorrono ulteriori e nuove decisioni capaci di restituire alla politica il governo effettivo della Provincia di Perugia. Il Presidente Giulio Cozzari gode della nostra stima amministrativa che poggia anche sulla sua indiscussa onestà, e proprio per questo, in questa fase dove occorre la massima assunzione di responsabilità, lo sollecitiamo a valutare ogni atto ulteriore che, per quanto doloroso dal punto di vista personale, può permettere alla Provincia di Perugia di intraprendere un cammino di rinnovamento e di innovazione. Se “la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto”, il sospetto, seppur minimo, non può attraversare la Provincia di Perugia. Condividi