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....La vittoria schiacciante delle destre e i primi provvedimenti del governo, allarmanti anche per il messaggio ideologico che esprimono; -il manifesto ideologico della neo presidente della Confindustria che chiede ancora meno diritti al lavoro, sostenendo che «… finalmente senza la sinistra radicale in Parlamento si può fare»; - la stessa scelta dell'Unione Europea di aumentare l'orario di lavoro a 65 ore settimanali, portano alla luce con nettezza il disegno politico-sociale del capitalismo globalizzato. Più lavoro e meno salario, è l'antico e nuovo paradigma dell'economia mondiale. Con il lavoro non si mantiene più la famiglia, la quarta settimana si è ridotta a tre i giovani sempre più precari non sanno come costruirsi una famiglia e un futuro, ma di lavoro si muore. Tutti i giorni e in tutti i settori. Eppure anche nella morte stiamo diventando bipartisan: la colpa è anche del lavoratore! E quando a dirlo è un sindacalista, e per giunta un sindacalista della Cgil, allora diventa difficile pure la speranza. Con la nostra presenza al governo del Paese avevamo creato nelle fasce più popolari una aspettativa di rottura di questi processi, ma la politica dei due tempi ha tradito ogni ipotesi di riscatto sociale e costretto la nostra gente in una attesa di risarcimento che non arrivava mai. Lo stesso accordo sul welfare, firmato tra governo e sindacati, è figlio di questa scelta economicistica che è prevalsa nella maggioranza delle forze che sostenevano il Governo Prodi. La pressione dei poteri economici non ha prodotto solo la caduta del Governo e la sconfitta dei partiti della sinistra radicale che più si rifacevano alle istanze del lavoro, ma ha aperto una fase di rivincita forte verso il lavoro stesso da parte della destra politica e sociale che ha subito rimesso in campo il suo scontro ideologico con il sindacato nel tentativo di isolare la Cgil e con essa ogni ipotesi di rappresentanza collettiva del lavoro, tant'è che lo stesso sindacato, stretto tra la morsa del governo e l'assenza di una vera opposizione parlamentare, scivola progressivamente verso una deriva istituzionale preoccupante. Lo spazio per la ricostruzione della sinistra va dunque ritrovato nella connessione con la condizione sociale. Certo, la sinistra è minoranza nel Paese e senza parlamentari, ma non dobbiamo chiuderci nel nostro dibattito, vista anche la crisi che si accentua nella società e nello stesso Pd, dove emergono tutte le contraddizioni ideali ed ideologiche non risolte alla sua costituzione. Possiamo costruire iniziative, purché non testimoniali o correntizie, nel sindacato e nei luoghi di lavoro per la difesa del Ccnl, per la redistribuzione sociale, contro la frammentazione del mercato del lavoro. Si può compiere una nuova unità della Sinistra e del lavoro solo se il Prc non rimane chiuso in se stesso. Per questo ci convince e sosteniamo la mozione Nichi Vendola, poiché sentiamo necessario e urgente avviare un nuovo processo, che sia capace di tenere insieme progetto e radicamento. E' solo con il reinsediamento in tutti i luoghi di lavoro, riaprendo e diffondendo circoli aziendali e rafforzando la presenza politica della sinistra in tutti gli spazi dove la frantumazione è più evidente, che si può guardare a quella moltitudine di uomini, donne, giovani, anziani, immigrati che vivono il disagio quotidiano della mancanza di lavoro, di tutela, di diritti, di problemi salariali, e di precarietà di vita, da cui anche noi ci siamo un po' allontanati. Dobbiamo rientrare nei territori, in quei quartieri che oggi sono periferie vuote, desolate, disagiate, e che troppo spesso ricordano le periferie operaie dell'800 visitate dalle "dame di carità", ma dove oggi operano molti volontari, dalla spiccata sensibilità sociale e alla continua ricerca di spazi e luoghi nuovi di ricostruzione della rappresentanza progettuale e politica. Quel disagio che vivono quelle popolazioni la Lega lo ha capito e da qui sono arrivati il suo radicamento e la sua forza. Una forza che non a caso è presente nelle zone industriali più ricche, ma anche più in crisi di identità, a dimostrazione che fabbrica e territorio oggi sono un tutt'uno come lo furono per la sinistra negli anni '60. Oggi la destra ha ribaltato il paradigma su cui la sinistra crebbe e costruì emancipazione. Di quel popolo ha raccolto la desolazione, ma ne ha abbandonato le istanze di emancipazione: è da qui che dobbiamo ripartire per costruire una nuova sinistra ampia, radicale e di governo. Condividi