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di Leonardo Caponi Non condivido la proposta politica del documento “congressuale” di Sinistra Democratica; mi pare che esso, piuttosto che muoversi in un’ottica di ricomposizione, come sarebbe da attendersi per una forza che riconferma l’obiettivo di riunificare la sinistra, aggiunga una “parzialità” (e quindi un altro elemento di divisione) alle molte che caratterizzano il dibattito post elettorale. Lo sconvolgente risultato getta in una luce di incertezza il futuro dei partiti e dei soggetti componenti l’ex Arcobaleno. Questa incertezza rischia di tradursi, per tutti, nella drammatica realtà di una comune scomparsa o condanna alla “ininfluenza” politica se (come, ahimè!, sembra profilarsi!) la sinistra, nel solco delle sue peggiori tradizioni, reagirà alla crisi, non con un comune sforzo di responsabilità e comprensione, ma con un nuovo processo di divisione, frammentazione, competizione reciproca. I congressi delle diverse formazioni indicano, al momento, almeno quattro distinte prospettive: la costituente comunista, che dovrebbe riunificate il PdCI e una piccola fetta destinata a staccarsi da Rifondazione comunista (questa compagine, si badi bene, avrà concorrenti, alla sua “sinistra”, altre due formazioni “comuniste”); Rifondazione “per sempre”, incarnata dalla mozione destinata , con ogni probabilità, a vincere il Congresso; la costituente di sinistra, sulla quale convergono e che dovrebbe “legare” SD e la seconda forza di Rifondazione, destinata a valere un 30/40 per cento di quel partito. Ci sono poi la dinamica propria dei Verdi e, come quinta ipotesi nell’ambito della sinistra diversa dal PD, anche se non componente dell’ex Arcobaleno, la costituente socialista (SDI). Il problema qual è? E’ che queste diverse prospettive sono destinate a contendersi un bacino elettorale ridotto all’osso, per di più con la comune ambizione, o presunzione, di poterne essere, ciascuna, la forza monopolizzatrice (in questo ambito c’è peraltro da supporre che il richiamo alle vecchie certezze possa prevalere, tra gli elettori della sinistra, su quello rappresentato dalle novità o presunte tali). Sul piano del realismo politico, bisogna dunque intendersi sul fatto che la nostra proposta di costituente della sinistra, “con chi ci sta ci sta” o “con la sinistra che vuole rinnovarsi”, è in realtà destinata a rivolgersi e ad essere accolta da una piccola parte di essa, la seconda mozione di Rifondazione, destinata , con ogni probabilità, a uscire perdente dal Congresso. E, a quel punto, che farà SD? Alle prossime Europee, tanto per dirne una, sarà in grado di correre da sola? Si schiererà sotto le insegne di Rifondazione? Dovrà sperare in una scissione di RC e con quale effettiva consistenza elettorale? Rifluirà, peggio ancora, sul PD? , In questa fase di discussioni congressuali la “parola” di SD può essere importante, poiché è la forza meno coinvolta nell’agone e, se pur elettoralmente modesta, proviene da una grande cultura politica di equilibrio e saggezza, che costituisce, a ben vedere, la sua principale risorsa. A fallire è stato l’Arcobaleno, non il progetto di riunificazione della Sinistra! Sinistra democratica deve mantenere dunque in campo questa proposta in termini inclusivi per tutti e nei termini, oggi difficili, ma unicamente possibili: quelli di una formazione politica che converge su un programma politico, è legata da un vincolo di unità d’azione, ma che, contemporaneamente, prevede una fase nella quale le diverse culture della sinistra, oggi realisticamente non unificabili, possano convivere in forma distinta e anche competitiva tra loro. Non so se si può parlare di un partito organizzato per correnti, di una stringente forma federativa o di che altro. Si può storcere il naso, ma al di fuori di questo, c’è una comune rovina! Il punto vero di discussione è semmai quello dei contenuti del programma e della “carta di identità” di questa formazione, che non debbono ripetere gli errori dell’Arcobaleno. Deve essere una formazione che guarda con realismo all’Italia di oggi e che, con realismo, si misura con i suoi problemi; che deve quindi avere un carattere innovativo e, nel contempo, “popolare”. Una formazione, con un forte radicamento tra le classi lavoratrici, che non può dire di no a tutto e che, insieme a quelle per i diritti civili e le nuove soggettività, deve avere proposte e politiche convincenti per la sicurezza, l’economia, l’impresa, l’energia e tutti i più acuti e sentiti problemi di oggi. Leonardo Caponi Coordinamento Umbro Sinistra Democratica leocaponi@libero.it Condividi