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di Romina Velchi- "Liberazione" Tutte in piena attività le forze centrifughe dentro il Pd. E forse davvero ci sarebbe bisogno di un congresso. Invece, si litiga sul presidente che dovrà essere nominato all'assemblea nazionale della prossima settimana; ci si accapiglia tra laici e cattolici; si creano nuove associazioni, nessuna «per dar vita a una corrente», ma tutte potenzialmente destabilizzanti. Ce n'è quanto basta per mettere una seria ipoteca sulla leadership veltroniana. Cruciali saranno i prossimi sette giorni. Domani si riunirà il cosiddetto "caminetto", cioè l'organismo ufficioso nel quale hanno diritto di rappresentanza tutte le aree del partito, i rispettivi leader e i big in quanto big. Venerdì e sabato, a Milano, sarà la volta dell'assemblea nazionale, dove, tra le altre cose, dovrebbe essere nominato il presidente dopo le dimissioni «irrevocabili» (annunciate 48 ore dopo la sconfitta elettorale) di Romano Prodi. Sette giorni durante i quali il Pd deciderà se proseguire con Veltroni o avviare una fase preparatoria verso il congresso. Ma soprattutto si confronteranno le due linee politiche che si sono andate delineando in questi ultimi mesi. Da una parte quella di Veltroni che pensa ad una nuova forma di partito (diciamo liberal) inserito in un contesto istituzionale fortemente bipolare (o meglio bipartitico), di tipo americano. Dall'altra quella di D'Alema e di chi vorrebbe invece un partito in grado di "recuperare" un patrimonio della sinistra che altrimenti andrebbe disperso; un partito di centro-sinistra in grado di ridare fiato alla sinistra uscita con le ossa rotte dalle elezioni politiche. In questo caso, la riforma istituzionale congeniale sarebbe una di tipo tedesco, con un sistema proporzionale e soglia di sbarramento.Come si vede due partiti molto diversi, anche rispetto ai rapporti con la maggioranza e il governo Berlusconi. Due formule che non possono convivere ancora a lungo. In attesa della sfida finale, le grandi manovre dentro il Pd sono già cominciate. Per ora è guerra di posizione. E ognuno si posiziona come può. Per esempio, Romano Prodi pare che all'assemblea del 20 nemmeno sarà presente, a rimarcare la scelta di essere un semplice tesserato. Il Professore non dimentica che in campagna elettorale gli è stato chiesto più o meno esplicitamente di farsi da parte. E comunque avrebbe parecchio da dire anche sulla linea politica seguita da Veltroni nel dopo elezioni. Naturalmente i prodiani doc sono con lui. Per tutti Franco Monaco: «Non ci sono uomini per tutte le stagioni e per tutte le linee politiche. E la nuova stagione del Pd è contrassegnata dal programmatico abbandono del progetto dell'Ulivo, da quindici anni buttati», che «sono appunto gli anni di Prodi e dell'Ulivo». Il primo paradosso è che proprio Veltroni ha tutto l'interesse a che Prodi resti presidente del partito: non lo considera pericoloso, come potrebbe essere, invece, un Franco Marini; lo considera un presidente di garanzia. Il secondo paradosso è che, però, anche dentro i prodiani le strategie divergono. Infatti c'è chi si dà da fare perché all'assemblea le dimissioni siano respinte: in prima fila è Rosy Bindi, la quale però si è attirata addosso il sospetto di avere mire personali. Vuoi vedere che i due paradossi alla fine convergeranno e le dimissioni di Prodi saranno respinte, anche a costo la lasciare vuota la poltrona (il Professore non intende cambiare idea) in attesa di tempi migliori? I movimenti più pericolosi (dal punto di vista di Veltroni) ovviamente sono quelli di Massimo D'Alema, al punto che già si parla di un partito dentro il partito. Sarà pure un progetto di lungo respiro (se è vero che l'idea è di creare una struttura di ventimila quadri, oltre che dare il via ad una tv sul satellite in grado di parlare ad un milione di persone), ma già ora sta provocando un terremoto interno, la sua forza essendo la trasversalità del progetto: all'associazione "Amici di Italianieuropei" ha già aderito un terzo dei parlamentari del Pd; il presidente designato è un prodiano (Paolo De Castro), il vice un ex popolare (Lino Duilio). E per non farsi mancare proprio niente, ieri c'è stata la prima tappa del percorso che porterà alla nascita di una nuova "area" dall'unificazione di "Sinistra per il paese", il gruppo degli scissionisti di Sinistra democratica che fa capo a Famiano Crucianelli, e "A sinistra", la corrente del Pd guidata da Vincenzo Vita e Livia Turco. Al Centro congressi Frentani c'erano, tra gli altri, Paolo Nerozzi, Carlo Podda, Olga D'Antona, Massimo Cialente. «Saremo - spiega Vita - un'area aperta, un'unica associazione che avrà i piedi nel Pd ma lo sguardo rivolto all'esterno». Una corrente antiveltroniana? Crucianelli e Vita smentiscono. Ma affermando che «dobbiamo capire come ricostruire la soggettività a sinistra» e auspicando che il partito «mantenga un ancoraggio alla sinistra» non dicono proprio una cosa veltroniana. Condividi