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di Gaetano Veninata PERUGIA – Rabbia e stupore. E un senso amaro di ingiustizia. E’ quello che resta in bocca dopo aver ascoltato il dramma di sette lavoratori rumeni, sette operai edili sfruttati, presi in giro, ingannati dagli stessi datori di lavoro, ovviamente italiani, ovviamente irreperibili. Svaniti nel nulla. Sordi ad ogni convocazione fatta dal Ministero del lavoro di Perugia. La storia, denunciata in una conferenza stampa indetta nella sede dell’Associazione immigrati del mondo, è di quelle che fanno riflettere e indignare. Ai sette lavoratori in nero (perché il nero è di moda nell’Italia dei morti sul lavoro), comunitari in quanto rumeni e tutti con regolare permesso di soggiorno, non è stato pagato un solo euro, non è stato pagato nessun contributo, nessuna liquidazione. Niente di niente. Alcuni di loro sono in attesa del salario arretrato da oltre due anni. “Sono lavoratori – sottolinea il segretario regionale dell’Aim Maurilio Turchetti – che sono già in difficoltà nel pagare il canone di locazione o nel mettere insieme il pranzo con la cena”. E le istituzioni, i sindacati? Dalle istituzioni un imbarazzante silenzio. Dai sindacati, attacca Turchetti, “siamo stanchi di ascoltare i soliti attestati di solidarietà, le solite belle parole. Servono i fatti, servono prese di posizione politiche, non sui giornali, ma nei cantieri”. Perché il problema è tutto politico. Nella Perugia dello scandalo appalti, l’incremento del lavoro nero, il dramma dei contratti di lavoro non rispettati, le minacce, gli episodi di capolarato, il fenomeno dei sub-appalti e della speculazione vanno infatti di pari passo con una legislazione obsoleta, frutto delle errate politiche d’integrazione compiute nel corso degli anni. Basti pensare, come si legge nel comunicato dell’Aim, che nella sola provincia di Perugia, “a fronte delle circa 6700 richieste d’ingresso, al momento lo spoglio interessa non più di 1300 domande”. Di queste 6700, “almeno 6000 interessano lavoratori da tempo sul territorio, che stanno attualmente lavorando”. Se le disponibilità d’inserimento previsto dal decreto flussi sono 2700, “si avrà dunque un numero di persone (con i rispettivi nuclei familiari) che pur lavorando, resteranno comunque prive del documento di soggiorno”. Altro che emergenza clandestini. In Umbria un lavoratore immigrato su tre è in nero, sottopagato; e lavora senza nessuna condizione di sicurezza. Eppure è vitale, il clandestino, in un mercato sporco come quello dell’edilizia. “E’ inoltre assurdo – denuncia ancora Turchetti – che un documento di soggiorno tardi di 15 (quindici) mesi prima di essere consegnato; la responsabilità non è certamente di chi è preposto a questo compito, ma dalla mancanza (tutta politica) di uomini, mezzi e strumenti per fronteggiare la situazione.” Regole che cambiano continuamente a seconda del colore politico, propaganda, ipocrisia; tutto fa brodo. “Rispetto allo scandalo scoppiato in questi giorni – ha concluso il segretario dell’Aim – sarebbe importante se, una volta accertati fatti di rilevanza penale. venissero prese conseguenti decisioni in materia. In Umbria c’è davvero bisogno di una ventata di trasparenza e giustizia”. Nel frattempo gli operai rumeni restano gli unici a pagare, “grazie” agli italiani, brava gente. Condividi