bertinotti2.jpg
ROMA - Per Fausto Bertinotti, tornato a parlare di politica in occasione del convegno svoltosi ieri a Roma, organizzato dalla sua rivista “Alternative”, dal titolo “Le ragioni della sconfitta”, si deve ripartire proprio dalle ragioni di questa sconfitta, compresa ovviamente la partecipazione al governo Prodi che è poi la causa “che ha fatto traboccare il vaso segnando la vera rottura: la scissione della sinistra dal suo popolo”. Per Bertinotti “è fallita l’ipotesi più ambiziosa maturata a sinistra e cioè l’idea che partecipando al governo si facesse fronte ad una domanda di cambiamento maturata nella società”. Due gli obiettivi mancati: “Rendere il governo permeabile ai conflitti e ai movimenti e rendere autonoma la sinistra dal governo di cui faceva parte”. Questo perché lo stesso governo ha privilegiato piuttosto “la permeabilità dei poteri forti”, trasformandosi quindi in una “camicia di forza”. Bertinotti chiama poi in causa gli stessi movimenti, affermando che è venuta alla luce la loro “fragilità”. E tenta poi un’analisi dei vincitori definendo la Nuova destra “il potente arlecchino che rispecchia la scomposizione della società”, mettendo tutti in guardia ed in primo luogo il PD, dall’affermarsi di un “regime leggero” che, in mancanza la Sinistra rischia di trasformarsi in un regime tout court. Un regime caratterizzato dalla “a-privativa” della stessa politica intesa come idea di società, per cui la Repubblica, come si evince dal discorso di insediamento di Fini alla presidenza della Camera, e “a-fascista”, quindi anche “a-antifascista”. Dove il Parlamento “non è più il luogo dello scontro dello scontro tra governo e opposizione, non il luogo della rappresentanza, ma quello della governabilità” ed il tutto si configura “come una sorte di governo allargato”, con il governo reale e quello “ombra” che appaiono “gradazioni dello stesso discorso”, così che il conflitto è espulso dalla politica. Riprendendo il discorso del fallimento, Bertinotti non ha negato che l’Arcobaleno è stato un’improvvisazione, un assemblaggio che non si sono messe il gioco e i cui protagonisti – è una chiamata di correo – “hanno anteposto alla realtà un progetto ambizioso che però non era condiviso”. L’ex leader di Rifondazione lascia anche aperta una domanda: “Nell’Europa di oggi è possibile per la Sinistra pensare di partecipare ai governi?”. Ed esprime questa convinzione: “Se dovessimo arrivare a dare una risposta negativa non sarebbe una liberazione, ma un problema democratico”. Nel discorso di Bertinotti non manca neppure traccia per la costruzione della Sinistra futura, che è stato poi ripresa anche da Franco Giordano: al partito – sostiene – è mancata anche “l’innovazione del modello di organizzazione”, il passaggio “dalla struttura piramidale a una orizzontale e rete” Per i sostenitori della mozione di Nichi Vendola, – che affronteranno questo punto al congresso – ciò significa che andranno sciolte le correnti e che, senza riorganizzare il partito, anche la costituente della Sinistra finirebbe come l’Arcobaleno: un’altra operazione di ceto politico col fiato cortissimo. Condividi