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PERUGIA - “Che cosa succederà ‘dopo di noi’?”. E’ l’angosciosa domanda che si pongono i genitori dei ragazzi diversamente abili, oggi uniti dal progetto che si chiama proprio ‘Dopo di noi’. Una domanda che ancora non trova risposta: quei genitori chiedono di essere ascoltati perché, finchè esistono, possono esaurire tutte le loro forze per curare e sostenere il loro figlio sfortunato, ma quando non ci saranno più quel ragazzo finirà in un istituto e, anche se accudito, perderà i propri stimoli alla vita, come succede oggi alla maggior parte, e si lascerà andare, senza affetti e senza legami. La Provincia, nella fattispecie la Commissione Pari Opportunità, ha voluto, con una propria proposta progettuale, manifestare il disagio di tutti questi casi e proporre una soluzione che può e vuole dare una valida risposta a questa emergenza sociale, troppo spesso dimenticata, che vede i familiari del disabile lasciati soli a dibattersi in una lotta senza speranza. Il progetto è stato presentato in sede di partecipazione al fine di integrare il disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale per la ‘Istituzione del Fondo regionale (31 milioni di euro) per la non autosufficienza e modalità di accesso alle prestazioni” al fine di – come dice l’art.1 – ‘incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie’, di recente approvato a maggioranza. Il progetto in questione, che la Provincia vuole lanciare per creare le condizioni di una vita indipendente ai disabili, riguarda nello specifico un ragazzo trentenne, non autosufficiente fisicamente in modo grave, figlio di una dipendente dell’Ente che può essere esteso ad altri soggetti diversamente abili. Un progetto non impossibile da attuare. Si tratta della creazione un nuovo modello, a partecipazione pubblica e privata, un piccolo gruppo di persone disabili individuate e collegate secondo una logica di fattibilità le quali, in una casa adeguata agli opportuni standard di vivibilità e situata in un contesto urbano, possono realizzare il proprio progetto di vita indipendente. La richiesta è quindi consequenziale: con il fondo regionale avere la possibilità di realizzare questa iniziativa, inizialmente anche in via sperimentale. L’individuazione dei gruppi, piuttosto omogenei per età e progettualità, dovrebbe essere dei Servizi Sanitari e Sociali, dell’Unità Valutativa Multidisciplinare, dei Servizi di Igiene Mentale e delle Associazioni dei Disabili. Mettendo insieme le risorse di varie Istituzioni con competenze in merito, si potrebbero trovare nuove strade per dare risposte ai problemi della disabilità, ormai non più rinviabili se riteniamo di essere società civile e moderna. Condividi