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di Nichi Vendola Caro Paolo Ferrero, caro Claudio Grassi, vi scrivo pubblicamente perché sento che la nostra vicenda politica sta per toccare un punto di non ritorno. La discussione congressuale è diventata un'arena per gladiatori, con un livello bassissimo di analisi e approfondimento e, viceversa, con un tasso crescente di "militarizzazione" del partito. Un minuto dopo la sconfitta elettorale mi ero permesso di chiedere a tutta la nostra comunità, così dolorosamente ferita, di non imboccare l'abbrivio della ricerca dei "colpevoli" o delle rese dei conti interne ai gruppi dirigenti. Siamo tutte e tutti sconfitti e tutte e tutti bisognosi di capire le ragioni profonde della nostra marginalità, e dunque bisognosi di ritrovare quelle passioni forti che ci danno il fiato e il coraggio per rimetterci in cammino. Invece si è scelto il peggio: giudizi sommari e offese personali hanno guadagnato la scena pubblica, i sentimenti si sono stravolti in risentimenti, la cultura del sospetto invade i blog e rompe relazioni politiche e anche antichi rapporti umani. Che tristezza! Siamo finiti in questo copione grottesco, una lunga estenuante rissa dopo una drammatica sconfitta. E io sono un target facile per campagne, anche diffamatorie, più adatte a "Libero" che non a "Liberazione". Condividi