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di Fabrizio Nicotra - Il Messaggero Il bilancio del veltronismo ha il segno meno e il riformismo del Pd è solo una variante dei temi della destra. Nichi Vendola, candidato segretario del Prc, boccia la linea di Walter Veltroni e, nella prospettiva di riaprire un confronto, non nega di trovarsi più in sintonia con Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. Ma prima, per il governatore della Puglia, c’è l’impegno della dura battaglia congressuale contro la mozione di Paolo Ferrero. Una battaglia che si sta incattivendo. Cominciano a volare un pò di colpi bassi. E al congresso mancano due mesi. Io ho scelto fin dall’inizio la strada del confronto, provando a sottrarmi a qualunque tentazione di rissa. Vedo che invece si mette in campo una strategia che con la politica non c’entra niente. Con la diffusione scientifica di schizzi di fango. Questo infligge una sconfitta drammatica alla comunità di Rifondazione. Vorrei che almeno si evitasse l’ipocrisia da parte di chi, da un lato, mi chiama ‘caro compagno’ e, dall’altro, mi butta addosso una volontà di scioglimento del partito con la tipica cultura del sospetto delle peggiori storie della sinistra. Ma se questo è il clima tra di voi, il futuro del Prc è a tinte fosche. Comunque vada il congresso. Se continuano così, cominciano loro a sciogliere concretamente questa comunità. Se continua la rissa, se dai miei avversari subisco volantinaggi ignobili e falsi, siamo alla pratica di un principio di dissoluzione. Cosa contesta della linea politica di Ferrero? La chiusura. L’idea di voler riproporre la federazione dei partiti della sinistra, senza accorgersi che è lo stesso schema del cartello elettorale che ha portato al disastro della sinistra arcobaleno. Manda in fumo la storia del Prc, cioè l’apertura di cantieri culturali dell’innovazione, in nome di un retrogrado richiamo identitario. Tra voi anche differenze sul rapporto col Pd. Si può riaprire un dialogo con Veltroni? O meglio D’Alema? Non si tratta di selezionarsi gli interlocutori. Serve a dare un profilo forte all’opposizione alle destre. E’ il terreno sul quale si misura la capacità di costruire una rete di rapporti e, magari, future alleanze. Il bilancio del veltronismo, di un progetto strategico affidato non solo all’autosufficienza, ma anche a un’ipotesi politico-sociale che perde il riferimento del mondo del lavoro subordinato è disastroso. Se il ‘riformismo’ è una variante dei temi proposti dalla destra, se nell’agenda ci sono sicurezza e flessibilità, è difficile incontrarsi. E’ difficile se l’opposizione al ‘pacchetto sicurezza’ è un silenzio assordante o se ci si appiattisce nell’adesione totale al programma della nuova Confindustria. Su questi due temi gli accenti di D’Alema e Bersani sono stati un pò differenti da quelli di Veltroni. Sono d’accordo e dico che se da alcune aree del Pd emergono posizioni critiche nei confronti del governo più forti e meditate, io non posso che essere contento. Si, con D’Alema e Bersani ci sono più punti di incontro. La politica delle alleanze deve avere una bussola, quella della critica di questo governo e della sua idea di società. In questo momento c’è troppa cultura del fuoco. La cultura del fuoco. Il pestaggio di un immigrato al Pigneto fa parte della cultura del fuoco? L’estabilishment di centrodestra, con il linguaggio di questi anni, ha lavorato da apprendista stregone: ha consentito che si liberassero le forze del male. Sono cadute le formidabili inibizioni che impedivano la libera circolazione e la impudica esibizione di culture razziste. Siamo in una società in cui i miserabili individui si immaginano la propria personale igiene del mondo. Infine una doppia buona notizia. L’affermazione de ‘Il Divo’ e di ‘Gomorra’ a Cannes. C’è sempre un pò di sole nell’acqua gelida. C’è bisogno di tanto lavoro culturale sulla storia e sulla memoria, anche di lavoro come quello di Garrone e Sorrentino, per poter ricostruire un Paese libero dai suoi veleni. Condividi