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“Il Cantiere” ci ha creduto da sempre. E da tre anni tutti ci lavoriamo, senza aver mai perduto impegno e fiducia, anche quando c’è stato un momento in cui la prospettiva sia pure solo di una parvenza di unità a sinistra sembrava allontanarsi, tanto forti erano le spinte nel senso contrario. “Il Cantiere Umbria”, una delle tante isole che formano l’arcipelago del “Cantiere” nazionale, ha già compiuto passi importanti, accompagnando e talora precedendo questo entusiasmante processo di aggregazione, che difficilmente, anche qui da noi, si potrà arrestare e che ci piace immaginare come un rivo in grado di raccogliere tanti affluenti e diventare con l’aiuto di tutti un fiume grande, robusto, pulito. Soprattutto pulito, perché la questione morale è assoluta priorità, anche in Umbria. E qui da noi, forse più che in altre realtà locali, si deve giocare una partita importante: qui da noi, la Sinistra, la nostra Sinistra, orgogliosa e determinata, forte di percentuali e tradizioni che in altre realtà non ci sono, deve candidarsi (come un laboratorio modello per le altre realtà) alla guida della Regione e di tutti gli Enti Locali in cui ciò sia possibile. Dico per chiarezza estrema: dobbiamo attrezzarci a trainare, noi, una linea politica nuova, non a essere portatori d’acqua per chicchessia, né a lasciarci trattare come tali. Dobbiamo puntare a un Centrosinistra in cui la Sinistra (la nostra, unitaria e plurale) sia forza dirigente di tutti i processi di gestione e di trasformazione della società. E’ un compito arduo, ma dobbiamo immaginare una strada in ascesa e la dobbiamo intraprendere e percorrere con volontà ed entusiasmo. Dobbiamo imparare a volare alto. “Il Cantiere” propone un programma di governo, a integrazione della bellissima dichiarazione d’intenti che è stata proclamata a conclusione delle due giornate romane e alla quale abbiamo dato un contributo convinto. E’ un programma di governo, che vale non solo per la grande Patria italiana, ma anche per le piccole Patrie delle quali l’Italia è costellata. E’ un programma scritto sessant’anni fa, pagato col sangue, il sudore, le lacrime e la galera di due generazioni di italiani e che, benché ancora attenda piena realizzazione, si è tentato di fracassare. E’ la Costituzione della Repubblica Italiana. Lì c’è tutto, articolo per articolo. I nostri compagni del “Cantiere Umbria” ne hanno discusso spesso e continuano a farlo, per adattare i precetti generali alle piccole realtà locali. E abbiamo riletto un articolo, il 52, che dice testualmente: “La difesa della Patria è sacro dovere di ogni cittadino”. Travolto dalla globalizzazione e cancellato dalla realtà di una Europa unita, con la caduta delle frontiere, che cosa rappresenta oggi il concetto di Patria? Certamente, non più il filo spinato che stava un tempo sulla linea di confine. Significa invece tutto ciò che stava e sta al di qua di quel filo spinato ormai fortunatamente sparito. Patria è tutta l’eredità stratificata nel tempo, che i nostri padri hanno lasciato a noi e che dobbiamo lasciare ai nostri figli, senza impoverirla e peggiorarla: territorio, paesaggio, ambiente, aria, acqua, patrimonio artistico, cultura, tradizioni, lingua, eccellenze enogastronomiche, stile di vita e leggi (Costituzione in primo luogo), tutti tesori unici al mondo, che creano ricchezza, lavoro, orgoglio, identità, non “delocalizzabili”. Tesori frutto di lavoro, ideali, passione, ingegno, sudore e sangue di decine di generazioni passate, eredità preziosa, da conservare per consapevole rispetto di noi figli verso i padri. La nostra storia ha evidenziato nei secoli sia il concetto di grande Patria comune, sia quello delle piccole patrie locali, arcipelago straordinario di città, borghi, paesaggi, che formano un enorme, ricchissimo museo, fino a pochi anni fa definito il “giardino del mondo”, la ricchezza e la sopravvivenza del quale vengono messe a rischio e aggredite sistematicamente ogni santo giorno da comportamenti irresponsabili anche da parte di chi ha il compito istituzionale della sua tutela. E il concetto di “difesa della patria”, come si può intendere oggi? Cementificazione di aree sempre più vaste; sperpero colpevole di risorse non rinnovabili e devasta-zione incalzante del paesaggio; abbandono del patrimonio artistico e culturale, piani regolatori che fanno scempio del buon senso oltre che del territorio: anche dalla gran parte del ceto politico sono considerati altrettante occasioni di progresso, prove di modernità e lungimiranza, tappe d’uno sviluppo inevitabile e auspicabile, passaggi verso la globalizzazione, ossequio al libero mercato. Se non come strumenti per arricchire con tasse di urbanizzazione e balzelli di vario genere le casse degli Enti Locali, a scapito della tutela di beni comuni, quali territorio, quiete pubblica, sicurezza e ambiente, il nostro “habitat”. O, peggio (le cronache ne danno ogni giorno conferma), occasioni di indebiti arricchimenti personali, comparaggi tra amministratori e affaristi, cedimenti all’espandersi della criminalità variamente organizzata e camuffata. E l’Umbria che cosa fa? Basta spulciare i bilanci della Regione e degli Enti Locali, per constatare quanto denaro sia uscito dalle casse pubbliche per promuovere “il cuore verde d’Italia”, mediante inserzioni sulla stampa nazionale ed estera, presenze a Fiere internazionali sul Turismo, viaggi promozionali di delegazioni istituzionali, gemellaggi con le più varie (a volte strampalate) località. E il “cuore verde” attira. I turisti arrivano, soggiornano, acquistano. Spesso si trasferiscono qui. Come tanti italiani, in fuga dalle città, dal traffico, dallo smog, dalla confusione, che si stabiliscono in Umbria, in cerca di aria pulita, cultura, paesaggio, ambiente, qualità della vita: tutti quei valori e quei beni che la pubblicità al “cuore verde” ha fatto loro conoscere e desiderare. Ma il cemento cola sulle nostre belle colline e nelle nostre minuscole vallate, i rifiuti ci piombano addosso sempre più massicciamente dalle altre regioni, l’ambiente è sempre più a rischio, i boschi bruciano, la nostra pregiatissima e preziosissima acqua è sempre più scarsa e minacciata, le colline franano a ogni acquazzone, i monumenti crollano come le mura di Amelia. Tutto va ben, madama la marchesa? Niente affatto. I casi sono due: o si è sperperato colpevolmente denaro pubblico per far conoscere un “cuore verde” alla conservazione del quale probabilmente non si tiene abbastanza, oppure si sta dilapidando uno straordinario patrimonio di ambiente, cultura, arte, beni comuni che la stessa Costituzione ci impone di difendere, per “sacro dovere”. Ed ecco spiegato perché siamo per un diverso e più coerente modello di sviluppo, non asservito alle lobby dei cementieri, dei cavatori e dei palazzinari. Ma di questo ritornerò a parlare. Condividi