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di Umberto De Giovannangeli “Noi ebrei sappiamo bene cosa significhi essere perseguitati, demonizzati, sterminati. Per questo da ebreo e da cittadino democratico non posso che guardare con orrore e preoccupazione alla campagna di odio verso i Rom”. A parlare è Amos Luzzatto, già presidente dell’uniome delle comunità ebraiche italiane. Professor Luzzatto, cosa ha provato di fronte al fuoco appiccato ai campi Rom a Napoli? “Ogni fuoco riporta alla memoria altri fuochi dei quali la storia europea è cosparsa: penso, ad esempio, ai roghi dell’Inquisizione, ai roghi dei libri maledetti, ai roghi dei campi di sterminio… In ultima analisi c’è da domandarsi cosa abbiano in comune questi roghi. E la riposta immediata e tragica è: distruggere, senza che resti traccia, tutto quello che da fastidio al potere. In questa ottica tutto viene ingigantito e generalizzato: all’interno di ciò che si vuole distruggere con fuoco si colloca molto più di quanto sarebbe “strettamente necessario” proprio per essere sicuri di avere totalmente eliminato quello che s’intende distruggere. E’ terribile, ma è così”. In quale misura questo comportamento è legato al razzismo? “E’ abbastanza evidente: se si vede un uomo nero che ha violentato una donna bianca, per una induzione arbitraria, si ritiene che la violenza sia correlata al colore della pelle. E pur sapendo che la stragrande maggioranza dei neri non sono stupratori per far prima li stermino tutti, ritenendo così di aver fatto ‘pulizia totale’. Il razzismo si è nutrito di queste generalizzazioni arbitrarie e di queste correlazioni sbagliate, e una volta innescato il meccanismo del rogo, questo si autoalimenta”. In questa autoalimentazione perché i Rom? “Prima di tutto centrerai l’attenzione su un fenomeno sociale che comprende una serie di fattori negativi, fra i quali la precarietà del lavoro e dell’esistenza; la difficoltà di trovare alloggi adeguati, e la difficoltà di integrazione di popolazioni forestiere, soprattutto in fasi di immigrazioni di massa. Il fenomeno del nomadismo va inserito in questa categoria di problemi. Isolare questo problema, e al suo interno addirittura quello dei Rom, significa rincorrere una soluzione illusoria e alquanto pericolosa. E’ forte la tendenza a superare quelle che sono contraddizioni, debolezze, timori, paure che colpiscono tutta la società contemporanea, selezionando quella che può essere una componente dell’immagine più facilmente riconoscibile e colpirla immaginando così di risolvere un problema molto più esteso e complesso. Coloro che appiccano il fuoco ai campi Rom al loro modo – un modo barbaro e criminale indegno di un Paese civile – interpreti di questo approccio sbagliato al problema. E in questo approccio, assieme parziale e colpevolizzante, inserirei anche l’ipotesi del commissariamento ai Rom…”. Una ipotesi, quella delle creazione di un Commissario ai Rom, che il governo prende in seria considerazione. “Questa ipotesi trova immediata rispondenza nelle iniziative violente e vandaliche che imputano problemi scottanti, anche di microcriminalità, non all’azione di singole persone ma alla presenza stessa di un singolo gruppo alogeno”. Quei fuochi portano alla memoria, come lei stesso ha sottolineato, i roghi dei campi di sterminio. In una intervista a l’Unità, Pedrag Matvejecvic ha ricordato che assieme a milioni di ebrei, nei lager nazisti furono massacrati tantissimi Rom. Questa è una verità storica. Un’amara, tragica verità. Noi stessi, noi ebrei, abbiamo subito sulla nostra pelle ripetutamente – fino alla più terribile persecuzione che è stata quella della Shoah – le conseguenze dell’essere indicati come stranieri irriducibili, poi progressivamente stranieri parassiti, quindi stranieri complottanti, infine assassini di bambini cristiani e in conclusione gruppi umani da espellere, da perseguitare, da sterminare. Noi ebrei sappiamo bene cosa significhi essere vittime di pregiudizi che si trasformano in odio e in violenza ‘purificatrice’. Sappiamo cosa significhi essere additati come il ‘Male’ da estirpare. E da ebreo, oltre che da cittadino democratico, mi sento a fianco di una comunità, quella Rom, che non può, non deve essere vittima di nuovi pogrom”. Condividi