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di Romina Velchi-Liberazione Sostiene Dario Franceschini, numero due del Pd: le elezioni europee del 2009 sono un pericolo perché, a causa del sistema proporzionale puro, potrebbero annullare «l'effetto semplificazione» come avvenuto alle politiche. Perciò, l'ex capogruppo dell'Ulivo, nell'intervista a Repubblica di ieri, si lancia in una proposta-choc: "correggere" l'attuale sistema - oggi basta circa l'1% per eleggere un deputato a Strasburgo - «alzando la soglia di sbarramento fino ad un livello che consenta la rappresentanza delle forze intermedie. A partire dalla Sinistra arcobaleno». Quanto alta dovrebbe essere questa soglia, Franceschini («il kamikaze del loft», come lo ha ribattezzato un polemico editoriale del Riformista ) non lo dice. Il riferimento alla Sinistra arcobaleno farebbe pensare al 3%; ma l'ipotesi di cui si discute da un po' è quella del 4% (come alla Camera), ribadita ieri dal costituzionalista Stefano Ceccanti (neosenatore Pd). Inoltre, c'è l'esempio europeo, dove la soglia oscilla tra il 5% (Francia e Germania) e il 4% (Austria e Svezia). Ma c'è altro che Franceschini non dice. Ed è il timore che - senza uno sbarramento consistente e, dunque, senza "voti utili" - il Pd dovrebbe vedersela con un'emorragia di voti verso le forze minori (non solo Sinistra arcobaleno, ma anche Italia dei valori e Radicali) tale da fargli dire addio alla soglia "psicologica" del 30%. Con il che Veltroni vedrebbe di nuovo in discussione la sua leadership. Insomma, anche la partita delle Europee (dopo il governo Prodi) finisce nel tritacarne della battaglia interna al Pd. Tanto più che l'operazione ha buone chance di riuscire: il Pdl, infatti, ha la stessa preoccupazione di impedire il moltiplicarsi delle liste. Fabrizio Cicchitto, appena eletto capogruppo alla Camera, non ne fa mistero: la legge elettorale europea, secondo lui, dovrebbe «favorire il bipolarismo e, se possibile, il bipartitismo», anche se «è prematuro parlarne ora». Prematuro, ma non tanto, perché la riforma del sistema elettorale per le europee, insieme con i regolamenti parlamentari, potrebbe essere proprio il primo banco di prova (quello più semplice, dove gli interessi convergono) del dialogo istituzionale con l'opposizione. Che si voglia andare nella direzione auspicata da Cicchitto lo dimostra anche l'altra ipotesi in campo. E' quella che prevede di rimpicciolire le circoscrizioni elettorali (c'è il problema della Sardegna che non riesce mai ad eleggere un deputato), ma di eliminare al contempo il recupero nazionale, introducendo così una forma di sbarramento che potrebbe essere persino superiore al 4%. Attualmente, le circoscrizioni sono cinque: Nord-ovest, Nord-est, Centro, Sud e Isole; la ripartizione dei seggi si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica per il numero dei rappresentanti spettante all'Italia nel Parlamento europeo (oggi 78) e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. La proposta di Franceschini ha subito raccolto un coro di no: da Storace (Destra) a Palermi (Pdci), da Polito (già senatore Pd) a Rotondi (Dca) a Mancini (Ps). Tutti d'accordo nel rimarcare il fatto che la proposta del Pd «è indice di una visione non democratica delle istituzioni» perché il bipolarismo ha un senso quando c'è da eleggere un governo e in Europa «non si elegge alcun governo». Mancini sottolinea anche il paradosso «che mentre Schifani si pone il problema di come dare rappresentanza alle forze escluse dal parlamento, Franceschini proponga una riforma che va nella direzione opposta». Il Prc già in tempi non sospetti ha sempre respinto l'ipotesi di introdurre sbarramenti: «Nella sua furia americanizzatrice - si legge in una nota del comitato di gestione nazionale - il Pd dimentica i principi ispiratori della rappresentanza europea, che prevede per il parlamento proporzionalità e pluralismo». Condividi