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Nessun rinvio del congresso nazionale, previsto entro luglio (probabilmente dal 17 al 20) e, nel frattempo, verifica delle condizioni per la presentazione di un documento a tesi, piuttosto che documenti contrapposti. La commissione politica, riunitasi martedì, conferma il cammino intrapreso da Rifondazione comunista dopo la batosta elettorale, che ha chiuso le porte del Parlamento ai rappresentanti della sinistra e che ha portato alle dimissioni del segretario Franco Giordano, con la costituzione di un Comitato di gestione incaricato di traghettare il partito verso i lidi congressuali, la cui maggioranza fa riferimento alle posizioni di Paolo Ferrero e al leader della corrente Essere comunisti, Claudio Grassi, cui noi di Aprileonline.info abbiamo rivolto qualche domanda. Grassi, com'è andato l'incontro di oggi? La possibilità di un "congresso a tesi" era ciò che volevate, giusto? Nell'incontro è stato chiarito che il congresso si terrà entro la data concordata, e si è iniziato a discutere su quale tipo di congresso si dovrà tenere perché, come tutti sanno, in campo ci sono varie ipotesi, e il dibattito di oggi ha confermato queste diverse propensioni. Io, Ferrero e molti altri abbiamo proposto un congresso a tesi, perché in una situazione di così grande difficoltà per il partito, dopo una sconfitta elettorale così pesante, c'è bisogno di un congresso che non ci laceri ulteriormente, e la modalità migliore per scongiurare questo pericolo è un documento di tutto il partito o della maggior parte di esso, all'interno del quale con tesi diverse si possano confrontare le varie opzioni in campo. Questo eviterà una "conta sul leader", cosa questa che inevitabilmente porterebbe a una divisione del partito su un'ipotesi piuttosto che su un'altra. Un documento a tesi, invece, sgombrerà il campo dal problema della leadership, conferendo maggiore importanza ai contenuti. Questa proposta è stata appoggiata dalla maggior parte di noi, ma anche contrastata da altri, e per questo, a conclusione dell'incontro, abbiamo deciso di costituire un comitato ristretto, che rispecchi le varie sensibilità, il quale si riunirà prima del prossimo incontro della commissione politica, ovvero il 7 maggio prossimo, per verificare se esistano o meno le condizioni per la realizzazione di questo documento a tesi. Si troverà un punto di accordo per presentare questo documento? E' necessario fare tutto il possibile perché si concretizzi questa proposta. Non so dirti fin da ora se ci riusciremo, ma mi batterò fino all'ultimo per questo risultato. In una fase così grave per il partito penso che ognuno di noi debba anteporre l'esigenza di salvare Rifondazione, che viceversa se si divide ulteriormente corre il serio pericolo di scomparire definitivamente dalla scena politica. Priorità non alla leadership, bensì alla ricomposizione delle fratture interne e ai contenuti. Quali? Prima di tutto la necessità di ripartire da Rifondazione. Prendere atto del fallimento del progetto della Sinistra Arcobaleno, fallimento decretato da milioni di elettori, e ricostruire il Prc, rafforzandolo e restituendo fiducia a militanti e compagni. Una volta rimesso in sesto il partito, poi, riprendere un processo di aggregazione a sinistra: ognuno di noi lo vuole, ma riteniamo anche che, se viene a mancare Rifondazione, un processo del genere rischia di essere ancora più difficile da realizzare. Prima o poi, in ogni caso, anche la questione leadership andrà affrontata. La scelta di un documento "unico", seppure provvisto di tesi da discutere e su cui confrontarsi, serve a evitare il presentarsi di documenti contrapposti, dato che questo finirebbe inevitabilmente con lo spostare il dibattito dai contenuti a coloro i quali questi contenuti propugnano. Dopodichè, la mia opinione è che il nostro popolo sia stanco di doversi misurare su chi è il "Capo": abbiamo bisogno di definire il nostro progetto, la nostra proposta. Ecco perché un documento a tesi, presentato il quale, e alla luce delle tesi che prevarranno, discuteremo insieme di quale possa essere il miglior gruppo dirigente e il segretario. Ma una discussione preventiva su questi aspetti è esattamente il contrario di ciò che io penso si debba fare. E credo che Rifondazione dovrebbe anche riflettere autocriticamente su questo, dal momento che sicuramente è un partito che ha avuto una leadership forte e molto capace di attirare consensi e simpatie, ma alla lunga, come si è visto, questa personalizzazione spinta della politica non ha pagato. Bisogna prima costruire una proposta politica collettiva, e solo in un secondo momento pensare alla leadership. Una proposta politica che miri a riprendere i contatti con i cittadini, che punti a riacquistare la capacità di parlare con la gente. Le due cose sono molto collegate. Il partito è uno strumento, utile ancora oggi per radicarsi nel territorio e instaurare una connessione con le persone, riallacciando i fili con coloro i quali con cui, negli anni, si è perso il contatto. Il progetto della Sinistra Arcobaleno, da questo punto di vista, non è stato capace di suscitare passione e credo che noi, molto umilmente, dobbiamo voltarci indietro, tornare sui nostri territori, andare a parlare con le persone, con i lavoratori, e cercare di capire come tornare a fare una politica che vada incontro ai loro bisogni. La Sinistra Arcobaleno è morta con il 13 e 14 aprile? Senza dubbio ciò che si verrà a creare in futuro sarà qualcosa di completamente diverso. La mia opinione è che Rifondazione debba prima di tutto investire su se stessa, e credo che ci sia uno spazio politico per recuperare consensi e rafforzarsi. Contemporaneamente, però, dovremo lavorare alla ricerca di una formula aggregativa nuova: non un partito unico, come si è ipotizzato in campagna elettorale, bensì una forma relazionale tra i soggetti della sinistra, capace di intraprendere iniziative unitarie. Questa strada, tuttavia, non comporta il rischio di allontanarsi ulteriormente da una base elettorale tutto sommato stanca dei continui distinguo che caratterizzano la sinistra? Il punto è che prima di pensare a progetti di nuovi partiti bisogna cercare di non far morire quelli che già ci sono. Perché il rischio è che questa ambizione di costruire ad ogni costo una cosa nuova ha prodotto come unico risultato, e il responso delle urne lo ha dimostrato, la disintegrazione delle realtà esistenti. Il percorso deve essere più articolato: una forza come Rifondazione comunista deve continuare a esistere, perché quando è stata forte sono stati forti anche i movimenti e le altre aggregazioni a essa vicine. Se si indebolisce e scompare Rifondazione, temo che anche le altre forze della sinistra non riusciranno a ricostruirsi ex novo. Falce e Martello forever. Be', questo è sicuro. Quando si dice "ripartire da Rifondazione comunista" si intende proprio ricominciare dal suo nome, dal suo simbolo, dalla sua caratterizzazione: in definitiva, dalla sua identità come si è andata costruendo in tutti questi anni. di Vittorio Strampelli tratto da Aprile online del 29/04/2008 Condividi