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di Rocco Di Blasi Direttore editoriale de “Il Salvagente” Quasi 3 milioni di italiani che hanno una “prima casa” - a giugno prossimo - non pagheranno neppure un euro di Ici. Quanti di loro lo sanno? E altre 5 milioni e mezzo di famiglie, ugualmente proprietarie di un appartamento, risparmieranno dai 50 ai 200 euro su questa imposta: la notizia non è inedita, ma è arrivata “in profondità”? Non bisognerà attendere i primi cento giorni del governo Berlusconi perché questi “miracolosi eventi” si verifichino. Come ricorda Enrico Cinotti nell’inchiesta di copertina de Il Salvagente in edicola questa settimana «sono gli effetti della Finanziaria 2008 che, in aggiunta alla detrazione minima di 103,29 euro ha introdotto un’altra riduzione, pari all’1,33 per mille del valore catastale dell’immobile. Lo “sconto” minimo prima casa sale così a 303,29 euro». E la conferma arriva dall’Asppi (l’Associazione dei piccoli proprietari di immobili): «I piccoli appartamenti nelle grandi città e le case da due tre camere nei piccoli comuni non turistici di fatto sono già esentati dal pagamento dell’Ici sulla prima casa». Buono a sapersi! Ma il bene non è nemico del meglio. Se il prossimo governo deciderà che l’Ici deve sparire per tutti, a beneficiarne di più (secondo le tabelle pubblicate da Il Salvagente) saranno «i proprietari di case più grandi o situate nei quartieri più centrali delle grandi città». Meno spese per tutti, quindi. Eppure, passata la sbornia elettorale, forse è meglio chiedersi se davvero il portafoglio degli italiani trarrà grandi benefici da questa scelta. Partiamo dalle cifre. Secondo stime attendibili, alla casse dei Comuni verrebbero a mancare 2,3 miliardi di euro ogni anno. Se le amministrazioni locali dovessero davvero fare a meno di questi soldi, la cosa non sarebbe - ovviamente - priva di conseguenze. Dovrebbero tagliare spese oggi destinate ai servizi sociali, alla scuola, all’assistenza agli anziani e così via, oppure dovrebbero chiedere ai loro cittadini “ticket” o indennizzi per i costi che non possono più affrontare sulla base dei bilanci decurtati. La grande demagogia da campagna elettorale ha fatto “sparire”questo problema non secondario,anche perché (come accade sempre quando una questione è scomoda) si è trovata l’espressione giusta per nascondere la sostanza. Le amministrazioni comunali si sono dichiarate, infatti, favorevoli all’abolizione dell’Ici«a patto che ci siano altrettanti trasferimenti compensativi». Tradotto in italiano corrente,vuol dire che dal bilancio dello Stato devono arrivare gli stessi 2,3 miliardi di euro che sparisconodalle casse dei Comuni. Ipotesi confermata da Giulio Tremonti, ministro dell’Economia “in pectore”, che - giovedì scorso - ha ribadito a Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e presidente dell’Anci, che ci sarà «la totale eliminazione dell’Ici dallaprima casa senza oneri per i Comuni, così come prevede il programma di Pdl e Lega Nord». Può accadere “come per miracolo“? La risposta è semplice: no. Servono tagli, nuove tasse o la combinazione di entrambe le ipotesi. Quali tagli,quante tasse? Tremonti non lo dice. Ma sarebbe interessante saperlo. Condividi