di Isabella Rossi Nelle elezioni politiche del 2008 la componente femminile, oltre 24 milioni e 500mila elettrici, cioè il 52% del corpo elettorale alla Camera, ha avuto un vantaggio di 4 punti percentuali sugli uomini che contavano per il 48%, con 22 milioni e 700mila elettori. Per quel che riguarda gli elettori per il Senato (che dovevano aver compiuto 25 anni), le donne, con oltre 22 milioni di elettrici, hanno toccato quota 52,3%, con un vantaggio ancor più netto sulla componente maschile (20 milioni e 600mila), che rappresentava il 47,7% del corpo elettorale. E se nel comune di Perugia hanno votato per la Camera 54.045 donne contro 51.057 uomini, e per il Senato 46.969 elettori contro 49.828 elettrici, in quello di Terni le proporzioni restano pressoché invariate. 41.503 elettori e 46.865 elettrici alla Camera, mentre al Senato votavano 38.553 uomini contro 44.047 donne. Ovunque in Italia il voto delle donne, dunque, è stato determinante per gli equilibri politici del paese. Come si spiega, allora, che in campagna elettorale il voto da conquistare non era quello femminile bensì, palesemente, solo quello maschile? Di fatto, anche questa volta, i programmi hanno relegato le problematiche riguardanti l’altra metà dell’elettorato, quella femminile, a piccoli spazi minoritari. E la spiegazione a questo atteggiamento è semplice: i partiti sono roccaforti maschili e in Italia, a parte la Marcegaglia in Confindustria e poche eccezioni, nelle stanze dei bottoni non ci sono donne ma uomini. Dunque, se il potere è maschile agli uomini, in primis, si indirizza la campagna elettorale. Tale palese considerazione è, tuttavia, in netta contraddizione con quelli che si chiamano i “conti della serva”. Perché, se le donne in Italia hanno il potere decisionale di una minoranza etnica, nelle elezioni i voti delle cittadine italiane incidono in maggioranza. Ciò detto risulta ancora più paradossale l’inconsistenza dei programmi elettorali di quella che, sin da subito, si sapeva unica come forza di opposizione rispetto al Pdl, la cui vittoria veniva data per scontata da autorevoli previsioni. E se il Cavaliere, con il solito fascino e non chalance, non ha lesinato considerazioni che proprio in questi giorni il governo di Madrid ha definito “machiste e offensive” i tentavi dell’opposizione di accattivarsi il voto delle donne sono risultati fragili e inconsistenti. Quanti spunti ci sarebbero stati per battere il Cavaliere sul terreno più fragile. Dalla insulsa riproposizione, di quegli stereotipi che nella Tv italiana e in special modo nelle reti private, vogliono la donna drammaticamente angelo del focolare o oggetto sessuale, a quelle stesse “battute” che gettano nel panico le donne europee, alla proposta del quoziente familiare, tanto per citarne alcuni. E invece niente. Alla conquista del voto femminile il Pd c’è andato con la sua valorizzazione delle “spese di cura”, con la riproposizione della conciliazione casa lavoro come questione squisitamente femminile, con l’assicurazione gratuita alle casalinghe. Mosse strategiche, tenendo fuori i cosiddetti temi etici, per la conquista del voto femminile. Sì, forse la magica promessa di raddoppiare la presenza femminile al governo poteva risultare accattivante. Ma il tenore generale di di una campanga che pretendeva offrire un’alternativa di governo non ha convinto affatto le donne italiane come dimostrano i risultati elettorali. Anzi, forse le ha indispettite più di certe scontate battute, legate ad esplicite prospettive reazionarie della società. E in un paese dove circa 10 milioni di donne non cercano più lavoro e solo il 46% risulta essere occupata, ci vuole coraggio a continuare ad esaltare così scopertamente il ruolo delle casalinghe. La destra è sembrata chiara, concreta, fedele al suo ruolo storico e perciò credibile. Il problema, e non solo per le questioni che riguardano le donne, è secondo gli elettori italiani a sinistra. In campagna elettorale le donne sono state trattate come una minoranza etnica, che non incide, se non marginalmente, sulla vita del proprio paese. Ma se il voto complessivo al Pdl è stato, come vogliono alcuni, un voto di protesta e di rassegnazione, un accordare preferenza alla certezza del peggio piuttosto che al suo potenziale superamento, forse, a maggior ragione quello delle cittadine italiane. Condividi