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La drammaticità della sconfitta elettorale impone un confronto limpido, profondo, civile. Un confronto che produca un'orientamento, una risposta e una proposta immediata per impedire che quell'esito elettorale si traduca nel ripiegamento, nell'esodo dalla politica, nella definitiva dispersione di energie, intelligenze, passioni di tante e tanti. Non è data nella situazione attuale, la possibilità di non trovare da subito un punto di ripartenza, un capo da cui riprendere il bandolo della matassa: della sconfitta che abbiamo subito, come della proposta da avanzare. E certo non è utile per il compito che abbiamo di fronte la rappresentazione del dibattito che si è esplicitato nel gruppo dirigente del partito in termini di "resa dei conti", "cannibalismo", "assalto". Nemmeno lo è raccontare in modo distorto la realtà come accade nel resoconto di Liberazione laddove si dipingono coloro che sono stati e sono contrari alla dissolvenza del partito come gli "ex DP". Una descrizione che sembra tesa a voler incasellare e rappresentare come frutto di storie e legami passati, un dibattito invece attualissimo. Una descrizione semplicemente non vera, giacchè banalmente nessuna di noi è appartenuta a quella formazione e storia. Siamo state fra quanti nella riunione di segreteria hanno chiesto la convocazione immediata del Comitato Politico Nazionale e hanno sostenuto che ad esso si dovesse arrivare con le dimissioni dell'attuale gruppo dirigente. E' resa dei conti? Ci sono sembrati da subito atti dovuti, di fronte alla drammaticità dell'accaduto e alla necessità di riconsegnare la discussione alle sedi democratiche, agli organismi di direzione politica del partito. Nè crediamo affatto che tale discussione non debba avvenire anche altrove. Tutt'altro e anche per questo abbiamo proposto che la convocazione consentisse a tutte e tutti di partecipare all'appuntamento di Firenze, che la discussione si articoli nei territori, coinvolga donne e uomini di sinistra, con e senza tessere. Ma certo investendo immediatamente il corpo del partito, i suoi organismi. E svolgendo rapidamente, come è da tutti condiviso, il congresso. La gravissima sconfitta elettorale ha fatto precipitare la discussione negli altri soggetti politici che hanno costituito "la Sinistra l'Arcobaleno", con un ventaglio assai ampio di posizioni, rispetto al rapporto con il Pd, come rispetto al nodo del percorso a sinistra. Ed è noto a tutti nel circuito dei gruppi dirigenti, che si è lavorato nei giorni precedenti le elezioni ad appelli che chiedevano il superamento delle attuali formazioni politiche. L'ipotesi della dissolvenza dei partiti esistenti e della costituzione di un nuovo partito si è trascinata del resto per mesi dentro Rifondazione in modo non limpido, esplicitata durante la campagna elettorale. Un'opzione che non condividiamo ma legittima che avrebbe tuttavia dovuto esplicitarsi in un dibattito chiaro. La mancanza di chiarezza ha nuociuto alle nostre reciproche relazioni, ha creato confusione e demotivazione in tanta parte del nostro corpo militante. Ed è questo che non possiamo più permetterci, non il libero e civile dibattito fra le diverse ipotesi. La nostra opzione è limpida: vogliamo ripartire da Rifondazione, eliminare ogni ombra su ipotesi di dissolvenza, e vogliamo continuare in un percorso che costruisca sedi comuni di una sinistra più larga che dia spazi, voce e possibilità di contare a chi ha una tessera non ce l'ha. Ripartire da Rifondazione non significa, né può farlo, chiudersi in orti identitari, come altri propongono. Significa pensare che alla crisi della sinistra e della politica non si possa rispondere destrutturando l'esperimento più avanzato che in questi anni ha tentato di dare una risposta, che è ciò che per noi rappresenta Rifondazione. L'esito delle elezioni rafforza a nostro avviso questa analisi. Gli smottamenti elettorali che ci sono stati, il salto di qualità del voto operaio nel nord alla Lega, il bisogno d'ordine espresso dal voto a Di Pietro, la fuga nell'astensionismo e il risucchio del voto utile, ci parlano di dinamiche profonde nella nostra società, esaltate drammaticamente dagli esiti negativi dell'attraversamento della fase di governo. La risposta non si costruisce nel cielo della politica separata, né nei riflussi identitari, ma nel riradicamento sociale, nella costruzione di un'iniziativa che intervenga nella frattura profonda fra la parte di società che vogliamo rappresentare e la politica, nella ritessitura di legami sociali che siano in grado di ricostruirsi nel conflitto come nella sperimentazione di nuove forme dell'agire politico, e per questa via sedimentino nuova appartenenza. Che assuma il femminismo come punto di vista da cui rileggere il mondo e si faccia attraversare quotidianamente dalla critica delle donne alla politica. Che sappia incarnare un'alterità sul terreno dei comportamenti, una nuova etica della politica, non come orizzonte a cui si allude ma come quotidianità vissuta, prefigurazione di una società altra. Che riprenda e sviluppi il percorso avviato a Carrara. Questo significa per noi ripartire da Rifondazione Comunista. Condividi