La lotta alla contraffazione evidenzia un problema di dimensioni ormai non solo nazionale. Recenti analisi, studi e ricerche effettuati su tale fenomeno illecito, così come anche gli studi effettuati dalla stessa Confesercenti hanno stimato le dimensioni di questo crescente fenomeno che assume, purtroppo una sempre maggiore importanza. Da un’attività condotta su piccola scala si è passati, negli ultimi anni, ad una vera e propria impresa altamente organizzata, la quale possiede più mercati di riferimento e una propria struttura produttiva-distributiva; tali ramificazioni sono oggi uno dei suoi punti di forza e permettono di paragonarla a un’industria globale. E’ bene comunque precisare che tali stime si riferiscono ad un fenomeno appartenente al mercato clandestino ed illecito e dunque di difficile misurazione a causa della difficoltà di reperire dati certi. Le stime presentate rappresentano comunque, utili indici per comprendere le tendenze del fenomeno, ma la natura dello stesso impedisce di attribuire loro una dimensione precisa. Si stima, afferma il presidente della Confesercenti Umbria Sandro Gulino che per quanto concerne l’Italia, secondo recenti indagini svolte il volume d’affari della contraffazione viene quantificato da 3,5 a 7 ml di euro. Per quanto riguarda la nostra regione le stime sono di un giro d’affari superiore ai 50 milioni di Euro. Di questi il 60% si riferisce a prodotti d'abbigliamento e di moda (tessile, pelletteria, calzature), il resto a orologeria, beni di largo consumo, componentistica, audiovisivo, software. Come si può ben immaginare afferma il presidente Gulino il fenomeno oltre a colpire migliaia di imprese oneste che operano sul mercato questo si ripercuote in una serie di problemi di carattere sociale (vedi racket e riciclaggio di denaro da provenienza illecita) e di carattere economico e di evasione fiscale a danno del paese e dell’intera collettività. Alla base dello sviluppo dell’industria del falso vi è una molteplicità di fattori. Le logiche di mercato applicabili oggi alle moderne strutture imprenditoriali, che vedono nella delocalizzazione dell’attività produttiva uno dei punti di forza della loro competitività, si applicano appieno anche all’”industria” della contraffazione la quale tende, con le dovute approssimazioni ed eccezioni, a produrre in Paesi in via di sviluppo ed a distribuire in Paesi industrializzati. Certamente, l’industria del falso ha saputo avvantaggiarsi della globalizzazione del mercato, spostando le produzioni nei Paesi asiatici e in quelli dell’Est europeo dove il costo della manodopera è esiguo. Un plauso, afferma il Presidente della Confesercenti Umbria, va sicuramente alla Guardia di Finanza che nel corso dell’anno 2007 ha effettuato numerosissimi controlli e posto sotto sequestro oltre 50 milioni di unità di prodotto recante marchi contraffatti, nei settori moda, elettronica, beni di consumo e giocattoli; circa 40 milioni di prodotti non conformi agli standard di sicurezza comunitari e nazionali Condividi