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Nell’anno che sta per entrare, l’Ater di Perugia, Azienda territoriale per l’edilizia residenziale, che ha assunto le funzioni del più noto Istituto Autonomo Case Popolari, compirà cent’anni. Già cent’anni fa la casa era un problema di non poco conto per la città di Perugia e per il territorio provinciale tanto che avvertirono il bisogno di costituire un ente specifico con autonomia statutaria e organizzativa. Dopo cent’anni, nonostante le buone intenzioni e gli sforzi profusi dallo Stato e dall’IACP prima, dalla Regione e dall’Ater poi, il problema sussiste ancora. Purtroppo è diffusa la convinzione che in Italia non esista un problema casa essendo quasi tutti proprietari dell’abitazione. La realtà è un’altra. Da una ricerca Nomisma, diffusa durante la conferenza nazionale sulla casa, tenutasi a Roma nel settembre scorso, risulta che sono necessari un milione di alloggi per soddisfare l’odierna richiesta essendo gli alloggi in proprietà tra il 74% e il 75%. Nel solo nostro territorio provinciale, sono giacenti circa seimila domande di alloggio a canone sociale senza considerare la necessità della classe medio-bassa che in questo ultimo torno di tempo non riesce più a sostenere i costi di un canone a libero mercato. Nel corso degli anni l’azione pubblica ha mitigato il problema, seppure non risolvendolo, attraverso finanziamenti costanti agli Istituti che, nel frattempo, si erano costituiti in tutto il territorio nazionale. Il finanziamento proveniva da un prelievo sulla busta paga del lavoro dipendente (Gescal- Gestione case per lavoratori) quindi da una fonte specifica, abolita nel 1999, con l’intenzione di sostituirla con finanziamenti prelevati dalla fiscalità generale. Ma l’intenzione è rimasta tale non avendo avuto nessun concreto seguito da parte dello Stato. Quello che si è costruito in questo lasso di tempo che ci separa dalla abolizione della Gescal e i giorni nostri, lo dobbiamo alla esclusiva volontà della Regione tramite impegni del proprio bilancio. Appare chiaro che la volontà politica è stata quella di consegnare al solo mercato privato la soluzione del problema casa. Ciò lo si desume anche dal fatto che, sempre nel periodo preso in considerazione, è stata autorizzata, anzi sospinta, una vendita irrazionale degli alloggi pubblici. Infatti i piani di vendita non hanno riguardato interi edifici, ma singole unità abitative in quasi tutti i fabbricati creando condomini pubblico-privato ove oggi il costo della partecipazione condominiale, sia in termini economici che decisionali, è incongrua per le Aziende dell’edilizia residenziale, come anche recentemente sottolineato dal Presidente del Sindacato Nazionale delle Aziende Luciano Cecchi. Da qui la necessità di procedere con un programma di razionalizzazione dell’intero patrimonio per eliminare la gestione mista nei condomini. A consuntivo possiamo affermare che il mercato privato non è riuscito a risolvere il problema. Anzi l’aumento generale dei prezzi del periodo in considerazione lo ha aggravato, poche costruzioni ed a canoni insostenibili, trovandoci oggi ad affrontare un problema che non è più solo della fascia sociale bassa ma anche di quella media. Un risveglio, attraverso la presa di coscienza del problema, si è avuto con l’attuale Governo Prodi. Infatti uno dei primi atti di rilevante importanza è la legge n. 9 del febbario 2007 sull’emergenza abitativa. La legge suddivide l’emergenza da una ripresa dell’attività di realizzazione di alloggi pubblici. Per comprendere che cosa significhi riprendere a costruire basta ricordare che in Italia nel 1984 sono stati realizzati 37.000 alloggi pubblici e nel 2004 solo 1400! Per l’emergenza sono in corso di distribuzione alle Regioni 550 milioni di euro provenienti dal famoso “tesoretto”, cioè dal recupero di evasione fiscale, che permetteranno di rimettere in circolo, in brevissimo tempo, circa 10.000 alloggi su tutto il territorio nazionale (150 in Umbria), per i quali alle Aziende mancavano i finanziamenti per ripristinarli e/o metterli a norma. Tali alloggi saranno in primo luogo destinati al cambio alloggi per gli sfrattati. Ma ancora più importante è l’articolo 4 della legge in parola che detta i tempi per la formulazione di un Piano Nazionale Casa da finanziare attraverso la fiscalità generale. Ed è questa la novità più importante: aver preso coscienza che la casa è un servizio di carattere generale cioè un servizio da trattare alla stregua della sanità, dell’istruzione, della sicurezza. Con il Piano Nazionale Casa che dovrebbe disporre di un finanziamento costante annuo di 1,2 – 1,5 miliardi l’anno, si potrà riprendere a costruire come nel passato. Sulla assegnazione di abitazioni pubbliche non sono mancate, in questi ultimi anni, polemiche di ogni genere. In primis quelle rivolte a mettere in evidenza la disparità circa il numero di assegnazioni effettuate a famiglie extracomunitarie rispetto a cittadini italiani. Su questo punto va fatta chiarezza: ad esempio nel nostro territorio provinciale, le assegnazioni ad extracomunitari superano di poco il 20%, quindi la percentuale è molto lontana dai dati che vengono prodotti. Inoltre i Comuni si sono dotati di regolamenti che salvaguardano tutti, compresi anziani e diversamente abili. Ma, al di là di queste considerazioni ciò che è da mettere in evidenza è un altro aspetto del problema. Tutte queste polemiche sugli alloggi pubblici verrebbero meno se, ci allineassimo alle medie europee: infatti la media europea degli alloggi pubblici rispetto al totale degli alloggi è del 15% rispetto a quella italiana che arriva appena al 4% (decisamente meglio la nostra Regione). Un allineamento, ma anche solamente un avvicinamento alla media europea, consentirebbe di soddisfare abbondantemente tutte le richieste attualmente giacenti, con grande felicità per le famiglie e con un contributo sostanziale alla convivenza civile, così come intelligentemente sostenuto qualche giorno fa dal Procuratore Generale nel suo intervento per il centenario dello IACP di Napoli. Condividi