DONNE LAVORO 2.jpg
di Isabella Rossi “Nel nostro paese ci sono troppe donne a casa”, ha affermato Maurizio Ferrera, professore ordinario di Teoria e politiche dello stato sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano,“l'Italia, senza rendersene conto, sta rinunciando a quello che recentemente si è rivelato essere il vero motore dell'economia mondiale: nell'ultimo decennio l'incremento dell'occupazione femminile negli altri paesi sviluppati ha contribuito alla crescita globale più dell'intera economia cinese.” A fronte degli esiti di queste importanti analisi, dunque, Pd e Pdl avanzano due proposte a dir poco sorprendenti. Il Pd nel suo programma propone: “Credito d'imposta rimborsabile per le donne che lavorano, adeguato a sostenere le spese di cura.” La pur nebulosa formulazione mette tuttavia in evidenza che la defiscalizzazione dei salari delle donne sarà vincolata al lavoro di cura. Se così fosse, tuttavia, non si andrebbero a defiscalizzare i redditi di tutte le donne e non si incentiverebbe l’occupazione femminile in genere, ma solo quella delle donne che continuano a prestare lavoro di cura. In altre parole tale manovra paradossalmente significherebbe incentivare proprio uno di quegli elementi direttamente responsabili del mancato ingresso o della fuoriscita delle donne dal mercato del lavoro. Mentre gli economisti sono concordi nel giudicare che la mancata occupazione femminile in Italia sia correlata con l’iniqua suddivisione dei compiti in ambito domestico - e proprio un’equa distribuzione degli stessi è condizione sine qua non per un aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro - sempre nel programma del PD si rilevano altre significative incongruenze. Al paragrafo dal titolo “Sono le donne l'asso dello sviluppo” si parla di conciliazione di “famiglia e lavoro” individuando una serie di miglioramenti alla disponibilità delle strutture pubbliche di asili e scuole. Di nuovo, dunque, la conciliazione del lavoro di cura interno alla famiglia e del lavoro esterno è affar di donna. Il programma del PDL pur dichiarando le donne “asso dello sviluppo” economico del paese sembra realizzare nelle sue proposte l’esatto contrario. Come dire: dall’asso portante all’asse da stiro. Soluzione, tuttavia, sempre dignitosa, anche se discriminatoria, se a quel lavoro domestico prestato corrispondesse sempre una busta paga. Per quanto riguarda il Pdl l’incentivazione dell’occupazione femminile dovrebbe avvenire attraverso il cosiddetto “quoziente familiare” ossia la tassazione congiunta dei coniugi. Dato lo squilibrio esistente fra salari di donne e di uomini, dovuto oltre che al gap culturale italiano anche alla diversa suddivisione dei compiti in casa, si andrebbe a tassare maggiormente il reddito delle donne. Anche in questo modo si attuerebbe cioè l’esatto contrario di quello che il programma propone. Si renderebbe in altre parole meno conveniente l’ingresso sul mercato delle donne e assolutamente necessaria la loro prestazione lavorativa gratuita nei lavori di cura, prestazione che diventa irrinunciabile per una famiglia monoreddito. Ma tale effetto non è solo iniquo, da un punto di vista di pari opportunità, ma palesemente antieconomico, come hanno ampiamente dimostrato gli economisti. E’ evidente, per tanto, che seppur si proclami di volere migliorare l’occupazione femminile, riconoscendo a parole la sua importanza strategica per lo sviluppo economico del paese, di fatto si propongono in entrambi i programmi, provvedimenti che secondo valenti economisti sono destinati a peggiorarla. E oggi che il rapporto diretto tra mancata occupazione femminile, minor capacità di spesa delle famiglie e diminuzione del Pil è dimostrato, ci si chiede quali siano gli effetti di politiche del lavoro nelle quali i condizionamenti ideologici prevalgono sulle priorità economiche del paese. In altre parole, seppur in Italia l’indebolimento del potere di acquisto dei salari e la maggior tassazione messa in atto non ha corrisposto ad una maggiore assistenza ed efficienza dei servizi pubblici, i partiti di maggioranza presentano proposte che se attuate sotrarrano alle famiglie il reddito delle donne e all’economia del paese importanti risorse. Oltre all’impoverimento complessivo c’è un’altra pericolosa conseguenza di questo processo: il fattore natalità. Ma la disincentivazione del lavoro femminile produrrà in Italia il tanto agognato aumento del tasso di natalità? Condividi