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di Luca Spaccini Le nostre acque non sono affatto buone. Un’inchiesta dell’Espresso, su dati forniti dall’Agenzia per la protezione dell’Ambiente e per i servizi tecnici (Apat) relativi al 2007 evidenzia che le acque dell’Umbria risultano essere le più inquinate d’Italia per oltre il 50% da nitrati, ammoniaca, ferro e manganese. Per avere un termine di paragone, la seconda regione in questa poco invidiabile classifica è il Piemonte col 28,8% di acque inquinate, anche se risultano presenti molti più elementi, come arsenico, cromo nichel o pesticidi. Sempre per l’Umbria, un ulteriore 36% del patrimonio delle falde acquifere regionali sembra essere di qualità “media”(la scala era buono, medio, pessimo e compromesso), sempre a causa dei nitrati, mentre un 10% risulta compromesso dalla presenza di ferro e manganese, elementi, questi, caratteristici del territorio stesso. Tutto questo è causato paradossalmente non da grosse concentrazioni industriali , ma dalla vocazione agricola e zootecnica della nostra regione. La concimazione sistematica dei terreni, i reflui dei grandi allevamenti zootecnici e, in parte anche gli scarichi di qualche industria permeano i terreni e vari livelli, inquinando sia i corsi d’acqua superficiali, sia le falde acquifere in profondità, oltre i cento metri. La Regione ha introdotto da oltre un diciotto mesi una direttiva che regola le quantità di nitrati che si possono essere utilizzati per ettaro, ma ancora non si sono visti i risultati. Condividi