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PERUGIA - L'Umbria mantiene la propria quota di export nel mercato internazionale nonostante i problemi di competitività del mercato nazionale. Lo evidenzia il terzo rapporto sul posizionamento dell'Umbria nel commercio internazionale nel periodo 1995-2006, elaborato dall'Area della programmazione della Regione Umbria e presentato stamani a Perugia durante un seminario. L'incidenza dell'Umbria sull'export nazionale - è stato detto - non evidenzia tra il 1995 e il 2006 sensibili cambiamenti, attestandosi intorno all'1 per cento. In pratica la quota umbra nell'export da anni non subisce variazioni, è trainata prevalentemente dal mercato mondiale e si caratterizza per la presenza di piccole e medie imprese. Le esportazioni regionali sono passate da 1.826 milioni di euro nel 1995 a 3.214 nel 2006, nella media nazionale. Il periodo successivo (2004-2006) registra un incremento delle esportazioni italiane ed umbre, ma l'aumento di quelle regionali è più forte. Il rapporto - è detto in una nota della Regione - evidenzia che il mercato principale per l'Umbria resta la Germania: nel 2006 ha accolto il 13 per cento dell'export regionale. Altri Paesi, come Stati Uniti, Francia e Regno Unito, pur continuando ad esercitare un peso non trascurabile, tra il 1996 e il 2006 vedono diminuire la loro quota sull'export regionale. La Francia passa dal 10,6 per cento all'8,8 per cento. Di rilievo la situazione del Messico che mentre nel 1996 rappresentava l'1,3 per cento delle esportazioni umbre, nel 2006, con oltre il 10 per cento, è diventato il secondo mercato di sbocco regionale, nel settore dei metalli. Anche alcuni Paesi emergenti (Cina, Romania, Russia e Turchia) hanno aumentato la loro incidenza nel periodo in esame. Tra il 2003 e il 2006 aumentano maggiormente le esportazioni rivolte verso Messico, Taiwan, Cina e Romania, mentre, in media, qualche perdita coinvolge Turchia e Regno Unito. Dei 3.214 milioni di euro di beni esportati dall'Umbria nel 2006, il 38 per cento è rappresentato dalla metallurgia e dalla fabbricazione di prodotti in metallo. Segue con il 16,6 per cento, il settore delle macchine e apparecchi meccanici, mentre al terzo e al quarto posto si trovano, rispettivamente, le industrie tessili e dell'abbigliamento (10,3 per cento) e quelle dei prodotti alimentari, bevande e tabacco (7,4 per cento). Le industrie tessili e dell'abbigliamento presentano tra il 2004 e il 2006 una flessione media annua dell'1,6 per cento. Nello stesso periodo, tra i comparti che rivestono un peso non trascurabile, ci sono i settori del cuoio e delle pelli e della gomma e delle materie plastiche con un incremento medio annuo superiore al 10 per cento. Condividi