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di Nicola Bossi Nel decennale del terremoto arriva una delle notizie più difficili da digerire e che per certi versi va a confermare, seppur senza tanti riscontri specifici, quei sospetti già emersi dal mondo del sindacato (sponda Cisl Ulderico Sbarra) e dei piccoli artigiani ed edili umbri. Una parte della ricostruzione sismica potrebbe essere stata soggetta ad infiltrazione mafiosa attaverso delle società edili provenienti dalla Sicilia. Stavolta non stiamo parlando di quelle ditte mordi e fuggi - che guardacaso però nella celebrazione dei 10 dal sisma nessuno ha avuto il coraggio di denunciare - provenienti dal Sud che pur non avendo i requisi prendevano appalti per poi abbandonarli dopo aver ricevuto il primo anticipo. No stiamo parlando di grandi aziende edili che i lavori li hanno terminati, ma che poi i denari pubblici li hanno riorganizzati per finanziare i traffici illeciti della Mafia. O peggio ancora hanno pulito soldi sporchi in Umbria. La conferma arriva da una operazione antimafia avvenuta a Palermo e che riguarda la stretta su potente clan e di cui faceva parte l' imprenditore edile Francesco Ferranti. L'imprenditore conosciuto negli ambiente umbri ha partecipato ai lavori edili importanti come quelli per la ricostruzione post-terremoto in Umbria. Secondo le accuse Ferranti "operava secondo gli ordini ricevuti nel settore degli appalti e delle forniture per la realizzazione di opere pubbliche e private di rilevante interesse su tutto il territorio nazionale". A questo punto è necessario istituire una commissione regionale contro la criminalità organizzata in Umbria dopo anche le denunce dello scrittore Saviano che parla di infiltrazione di Camorra e ndrangheta nella nostra regione. Condividi