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di Isabella Rossi Nel mondo il 60% degli indigenti sono donne. La povertà delle donne, a livello mondiale ha la sua prima causa nella disoccupazione. Il tasso di occupazione femminile in Italia è attualmente pari al 46,3 %, uno dei più bassi di Europa. Nonostante le donne laureate in Italia siano numericamente superiori ai loro compagni maschi - su 161.445 studenti che hanno conseguito una laurea di primo livello nel 2006, il 57,3% erano donne – a ciò non corrisponde una maggior occupazione. Drammatico, poi, è il dato che attesta a circa 10 milioni il numero delle donne in età lavorativa, contro i cinque maschili, che hanno rinunciato a cercare un impiego (fonte Isfol 2007). In seguito alla maternità una donna su nove in Italia esce dal mercato del lavoro. Le differenze salariali, nel nostro paese sono cospicue: in generale si registra un 22% in meno per le lavoratrici dipendenti e un 27% in meno per quelle autonome rispetto ai colleghi maschi. Dal 2005 al 2006 i posti a tempo indeterminato assegnati alle donne sono diminuiti del 4,7% mentre quelli a termine sono aumentati del 3,2%. Un quinto delle lavoratrici, poi, segnala episodi di discriminazione o di mobbing legati al part-time e al rientro dalla maternità. Ma quali ripercussioni hanno sulla società italiana queste disparità di trattamento? L’aumento della povertà femminile e la discriminazione delle madri nei luoghi di lavoro hanno una evidente e durissima conseguenza per tutti. Su mille persone in Italia nascono 8,4 bambini all’anno. E questo, è chiaro, si ripercuote su tutto il “sistema Italia”. In altre parole le disparità di trattamento - dovute all’arretratezza culturale di una classe dirigente italiana formatasi mediamente sul finire degli anni trenta, quando ancora le donne italiane non avevano il diritto di voto – generano un impoverimento globale delle famiglie ancorate ad uno stipendio che non regge l’avanzata dei prezzi. Se da un lato l’equazione meno donne occupate e meno sviluppo economico è chiara ai paesi dell’Europa occidentali – La Commissione Eu impone all’Italia il raggiungimeno del 60% dell’occupazione femminile entro il 2010 -, dall’altro l’attitudine femminile all’imprenditoria viene confermata anche dall’esemplare caso della Grameen Bank. La banca fondata dal premio Nobel Muhammad Yunus - 7,44 milioni di clienti, il 97% donne – è, forse, l’unica banca del terzo mondo che concede crediti anche alle donne negli Stati Uniti. Intanto in Italia arrivano, in campagna elettorale, due proposte per migliorare le condizioni delle famiglie. Il Pdl si propone l’introduzione del “quoziente familiare” che andrebbe a tassare maggiormente il reddito delle mogli - che percepiscono meno del marito - e meno quello dei mariti, il Pd propone un incentivo al lavoro di cura gratuito attraverso una riduzione di aliquote fiscali sulle donne che possano “certificare”le spese di cura. Peccato che in entrambi i casi niente viene fatto per aumentare l’occupazione femminile, penalizzata proprio dalla cultura della discriminazione, dal peso dei lavori di cura gratuiti, dalla differenza dei salari a pari prestazione, dalla mancanza di flessibilità e in genere dalla tradizionale incapacità di partorire nuove strategie economiche per il paese. Condividi