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di Daniele Cibruscola ROMA - Diritto di veto e organo consultivo dello Stato. Queste sembrano essere rispettivamente diventate, in questo Paese, prerogative e funzioni di Confindustria che ieri – a Palazzo Chigi, durante un incontro con Governo e sindacati – ha ribadito il suo fermo “no” all'approvazione del testo unico sulla sicurezza presentato dal Ministro Damiano a seguito dell'ennesima tragedia, dell'ennesimo omicidio, consumatasi nei giorni scorsi a Molfetta. “Non siamo contrari al testo unico sulla sicurezza – ha dichiarato con disincanto e malizia Alberto Bombassei, numero due dell'associazione di imprenditori – ma mentre riteniamo giusto l'arresto del datore di lavoro nel caso di omissione di stesura della valutazione sui rischi (il testo unico parla di detenzione dai 6 ai 24 mesi, una pena comunque “blanda” se paragonata a quella, da 5 a 9 anni, prevista in caso di omicidio colposo – ndA) crediamo sia ingiustificato procedere all'arresto solo perchè, pur avendo scritto il documento di valutazione, il datore di lavoro lo ha fatto magari in maniera incompleta”. Sconcertante. Come sconcertante è il semplice fatto, si dirà che siamo estremisti ma tanto ci siamo abituati, che Confindustria fosse presente a quel tavolo. Quello andato in scena ieri infatti non era un “rendez-vous” organizzato per parlare di rinnovo dei contratti, di politiche economiche o di sviluppo industriale, nel quale fosse necessaria e doverosa la presenza degli industriali; l'argomento di discussione era ben diverso: ciò che andava deciso era un testo che definisse fattispecie di reato e relative sanzioni. Invitare a quel tavolo gli stessi soggetti eventualmente colpiti da TALI sanzioni, permettergli di disquisire amabilmente (come si farebbe tra amici davanti al caffè delle cinque) sulla definizione di TALI fattispecie equivale, di fatto, ad una esplicita rinuncia della Sovranità Statale. Una sovranità che in Italia non sembra nemmeno più in grado di esplicarsi nella sua funzione primaria: definire un confine tra legalità ed illegalità e punire gli eventuali trasgressori di tale confine. E per il “nuovo” PD – un partito diviso(?) proprio tra industriali e lavoratori, che ha da poco annunciato le candidature del “falco” Calearo e del “buon giovane” Colaninno – sarà questo un primo banco di prova, emblematico e risolutore, per vedere fino a che punto la sua politica dello “sto dalla parte di tutti” sarà, in caso di vittoria alle prossime elezioni, concretamente realizzabile. Intanto, per i lavoratori in corteo a Genova come per le famiglie rimaste orfane dei propri cari di Torino e Molfetta, sarà importante e “necessario – ha spiegato ieri il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti – che il Governo vari immediatamente il decreto senza farsi condizionare da nessuno”. Importante, ha detto lui. Doveroso, invece, lo aggiungiamo noi. Condividi