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PERUGIA - “Il quadro che emerge per l’Umbria appare particolarmente complesso e meritevole di approfondimenti. La struttura delle imprese mostra segnali di rapida trasformazione con un tessuto produttivo relativamente debole, ma con l’avvio (già realizzato o in programma) di programmi innovativi e persino di ricerca significativi. L’internazionalizzazione si affaccia, più di quanto non accadesse nel recente passato, come un’alternativa rilevante. La politica degli incentivi alle imprese soffre di una instabilità dei flussi, piuttosto che di una contrazione delle risorse. La finalizzazione (degli incentivi alle imprese, ndr) verso strategie di medio periodo e verso strumenti flessibili di accompagnamento alle esigenze delle imprese pare particolarmente opportuna”. Si conclude con queste considerazioni il quadro di sintesi del Rapporto Met 2007 su “Stato e imprese, le politiche in Italia e in Umbria” che contiene, tra l’altro, un’indagine sulla domanda di politiche pubbliche realizzata su un campione di 5350 imprese italiane. In riferimento al dibattito attuale, il Rapporto giudica improponibile un ipotetico “scambio” tra riduzione degli incentivi e corrispondente riduzione del fisco per le imprese, data la differenza di valore tra le due grandezze (70 milardi di euro di imposizione pagate dalle imprese, a fronte di 5 miliardi di aiuti di Stato). In relazione alla discussione sulla effettiva utilità delle politiche pubbliche per le imprese, il rapporto rileva come esse (al contrario della immagine che si ha) siano in aumento in tutti i Paesi occidentali, a cominciare dagli Usa, come siano in grado di garantire al sistema delle imprese una “addizionalità” oscillante tra il 25-60% al Sud Italia (valori inferiori al Centro Nord) e come il gettito fiscale generato da investimenti susseguenti ad aiuti pubblici sia, in ogni caso, tale da ripagare l’erogazione pubblica. L’Umbria, nel 2006 è stata in controtendenza in campo nazionale. Le erogazioni alle imprese sono infatti aumentate di ben il 68,5%, mentre in Italia diminuivano del 10,5. La spesa sostenuta dagli strumenti nazionali è aumentata del 50%, quella della Regione è più raddoppiata, raggiungendo un incremento del 110%. La quota di risorse regionali sulle erogazioni passa dunque dal 30 al 38%, inferiore solo a quella delle Regioni del nord a statuto speciale e alle Marche. Questa quota era, nel 2002, di poco più del 19%. L’aumento delle erogazioni nel 2006 rispetto al 2005 è attribuibile all’accelerazione della misura comunitaria DOCUP, i cui finanziamenti sono passati da 6,1milioni del 2005 ai 17,6 del 2006. Le previsioni 2007 sono di ulteriore crescita. Gli incentivi alle imprese in Umbria, nel periodo 2000-2004, segnalano una sostanziale stabilità dei flussi, con una media annuale di circa 50 milioni di euro; si registra una diminuzione di quasi il 30% nel 2005 (34,7 milioni di euro erogati) e una ripresa accentuata nel 2006 (59,5 milioni erogati). Il valore delle erogazioni in Umbria è pari all’1,6% del valore aggiunto industriale, percentuale definita “rilevante” nel rapporto e superiore a quello delle Regioni centro settentrionali ad eccezione di Liguria e Regioni e Province autonome. La politica degli incentivi alle imprese è rivolta in Umbria a sostenere obiettivi specifici più di quanto non accada in Italia. La quota umbra di risorse rivolte al sostegno di investimenti senza particolari qualificazioni di obiettivo è pari al 40,5%, quella nazionale è del 56,3. In Umbria sono sostenute, in particolare, le attività di ricerca e sviluppo (23,8% delle risorse contro il 19,6 di media nazionale), l’accesso al credito (2,9 contro il 2,6%% nazionale), la competitività dei sistemi locali (5,6 contro 5,4) la diffusione di servizi qualificati e la riduzione dell’impatto ambientale (4,1 contro 2,3). Le erogazioni per ricerca e sviluppo, pur essendo più sostenute della media nazionale, segnano in Umbria una diminuzione dal 28,1 del 2005 al menzionato 23,8 del 2006. In Umbria sono scarsamente sostenute, in termini di erogazioni, l’internazionalizzazione delle imprese (2,5 contro 3,6 della media nazionale) e la loro crescita dimensionale (in linea, in questo caso, con la “trascuratezza” nazionale). La parte finale del rapporto è dedicata alle dinamiche delle imprese ed all’analisi della domanda di politiche pubbliche che da esse proviene. La percentuale delle imprese umbre che hanno investito è superiore a quella nazionale (66,9 contro il 63,4). Il 79% degli investimenti, più della media nazionale, è stato orientato a finalità innovative. Le imprese umbre, più di quelle nazionali sembrano essere ancorate alle dinamiche “tradizionali” della delocalizzazione (riduzione dei costi e apertura di mercati all’estero) piuttosto che a quelle più avanzate. Le imprese umbre si affidano di più alla formazione di personale esistente (31%) piuttosto che all’assunzione di personale qualificato e sembrano quindi richiedere in maniera crescente un supporto formativo di tipo “training on the job”. Il 6,6 % delle imprese umbre (il 7 in campo nazionale) dichiara di avere presentato brevetti a protezione delle innovazioni di prodotto. Dal quadro generale dell’indagine emerge che la quantità di personale addetto a ricerca e sviluppo è in calo nel 2006 rispetto all’anno precedente. L’Umbria annovera la percentuale più alta (19,9) del centro Italia, inferiore però alla media nazionale. La percentuale delle aziende umbre che dichiarano di avere introdotto innovazioni di prodotto e di processo è superiore, nell’un caso e nell’altro, alla media nazionale (rispettivamente 42,4% e 37,1,a fronte del circa 38% e 33,2 dati nazionali). In fatto di innovazioni organizzative, gestionali e/o commerciali l’Umbria (27,2) è in linea con la media nazionale. Il rapporto avverte come “comprendere la varietà degli investimenti delle aziende in innovazione e ricerca e il ruolo di alcune immobilizzazioni immateriali” sia essenziale per “disegnare politiche di aiuti corrette”. L’attesa e la richiesta delle reti infrastrutturali si attesta in Umbria sui valori nazionali, con riferimento particolare alle ferrovie e alle reti tecnologiche. In Umbria una alta percentuale di imprese (il 49%, superiore al livello nazionale e al circa 39 di regioni limitrofe come la Toscana e l’Emilia Romagna) ritiene che un più facile accesso al credito amplierebbe le prospettive di crescita. Sono più numerose (53%) della media nazionale anche le imprese umbre che riterrebbero utile un maggiore capitale proprio. Il 47% delle imprese umbre ritiene che la carenza di risorse finanziarie abbia limitato la possibilità di investimento. Il Rapporto Met suppone pertanto che “il sistema produttivo umbro stia vivendo una fase di dinamismo che potrebbe tuttavia essere rafforzata se si riducessero gli ostacoli sui numerosi aspetti di fragilità esistenti”. A giudizio di Met, “il quadro generale che emerge, che necessità di ulteriori approfondimenti, mostra una struttura produttiva caratterizzata da rilevanti contraddizioni; a crescita, investimenti, utilizzazione degli impianti, si associano presenza all’estero e competitività modeste in confronto a regioni dinamiche del centro nord. Anche la struttura patrimoniale è fragile e richiede attenzione”. Le erogazioni, che hanno avuto in Umbria rilevanti oscillazioni, conclude il rapporto, necessitano di una programmazione di medio lungo periodo che offra alle imprese uno scenario stabile. Condividi