L’impatto del comparto zootecnico sul territorio della nostra Regione è sicuramente tra i più significativi.
In Umbria vi sono stalle per 350mila suini, che impattano come una popolazione di circa 2milioni di persone. Il territorio, le acque superficiali e sotterranee della nostra regione sono divenute il punto di recezione di tutti i reflui prodotti da questa attività, quindi un luogo dove smaltire le deiezioni animali.
Tutto questo accade senza che vi sia un valore aggiunto per l’economia della gente umbra, ma solamente un cospicuo guadagno per pochi, infatti i suini vengono importati, allevati sino al raggiungimento del peso idoneo, poi esportati, macellati e lavorati in altri luoghi.
La situazione descritta nel Piano di Tutela rappresenta in modo inconfutabile che la dove insistono queste attività, ne risentono fortemente i territori e le falde acquifere, tanto è vero che la maggior parte delle aree vulnerabili individuate dal piano stesso coincidono con l’ubicazione selvaggia di questa attività. E’ cronaca recente la continua contaminazione anche di aree, che spendendo soldi pubblici, si era provato a bonificare trovando altre soluzioni, vedi Bettona e Marsciano.
Alla luce di ciò appare chiaro la necessità di contenere questo tipo di attvità, che potrebbe continuare solamente in caso di realizzazione di una filiera virtuosa, che individui un ciclo tutto umbro di allevamento, lavorazione e valorizzazione di un prodotto di qualità, che per prima cosa salvaguardi l’ambiente e sia anche produttore di reddito piu’ diffuso per gli umbri.
Non è piu’ tollerabile un business che produce di sicuro tanto inquinamento e poco benessere, risorse ed occupazione, quindi non si può più permettere che si spargano escrementi suini su un territorio già gravemente provato, la cui vocazione dovrebbe guardare a ben altro, con la scusa di un alibi chiamato fertirrigazione.
Anche perché nel Piano viene chiesto ai cittadini umbri di farsi carico della depurazione civile ed anche in modo spinto e costoso, come avviene anche per i rimanenti settori produttivi dell’industria, tutto ciò per garantire una conservazione dell’ambiente adeguata. Mentre, non si capisce perché, solo il comparto dell’allevamento suino debba essere oggetto di sconti ambientali ed addirittura subdolamente autorizzato ad inquinare, senza farsi carico di quanto necessario per depurare quanto da loro prodotto.
Il Piano di Tutela non dovrebbe più consentire che una limitata parte di imprenditori quelli dell’allevamento suino, possa operare in deroga, ricorrendo solo alla fertirrigazione, senza tenere nella giusta considerazione una delle ricchezze principali dell’Umbria, le falde acquifere, quindi l’acqua che rappresenta il nostro futuro.
Stefano Vinti
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