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TORINO - Alle 13,45 la Procura di Torino ha chiuso formalmente l' indagine sul rogo della Thyssenkrupp del 6 dicembre scorso costato la vita a sette operai. Il reato più grave, contestato al solo Harald Espenhahn, èl' omicidio volontario con dolo eventuale e l'incendio con dolo eventuale. Per gli altri, a seconda delle condotte, si ipotizza l'omicidio colposo e l'incendio colposo con colpa cosciente e l'omissione volontaria di cautele contro gli incidenti. Oltre all'amministratore delegato Espenhahm, l'unico che risponde di omicidio volontario con dolo eventuale, il provvedimento depositato dalla Procura riguarda i consiglieri delegati Marco Cucci e Gerald Priegnitz, un responsabile in servizio alla sede di Terni della multinazionale, Daniele Moroni, il direttore dello stabilimento di Torino Giuseppe Salerno, il responsabile del servizio prevenzione protezione ai rischi sul lavoro Cosimo Cafueri. La ThyssenKrupp è inoltre chiamata in causa come persona giuridica. L'indagine è durata in tutto due mesi e 19 giorni e ha portato gli inquirenti a raccogliere oltre 200 mila pagine di documenti, racchiusi in 170 faldoni. L' accusa di omicidio volontario si basa su due elementi. L'amministratore delegato Harald Espenhanh ha posticipato dal 2006-2007 al 2007-2008 gli investimenti per il miglioramento dei sistemi antincendio dello stabilimento di Torino, pur sapendo che a quella data la sede sarebbe stata chiusa. Il secondo punto riguarda l' adeguamento della linea 5, quella dove si verificò il disastro: anche in questo caso, nonostante le indicazioni tecniche fornite da un gruppo di studio interno all'azienda e anche da una compagnia assicuratrice, è stato deciso di dotarla di impianti di rivelazione incendi e di spegnimento all'epoca successiva al trasferimento a Terni, nonostante gli impianti fossero in piena attività. La chiave di volta individuata dagli inquirenti per contestare il dolo è un incendio avvenuto il 22 giugno 2006 in una delle sedi in Germania della multinazionale, la Thyssenkrupp Nirosta: un incendio così grave che, come si osservava in un rapporto interno, “solo per miracolo non c' erano stati né morti né feriti”. In seguito all' incidente le assicurazioni imposero una franchigia specifica di 100 milioni di euro invece dei 30 previsti fino a quel momento, e in diverse sedi del gruppo si resero necessari numerosi interventi di adeguamento degli standard di sicurezza. A Torino però, secondo i magistrati, non vennero prese iniziative, in quanto già dal 2005 si era previsto di trasferire gli impianti a Terni: un trasloco che fu ritardato, fra le altre cose, anche per evitare problemi di immagine, in quanto nel 2006 il capoluogo piemontese avrebbe ospitato le Olimpiadi invernali e sarebbe stata al centro dell' attenzione mondiale. Condividi