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Ci sono due fatti che riguardano il PD che ci inquietano particolarmente e ci fanno temere il peggio: ovvero che l’attacco alle libertà sindacali e particolarmente all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, quello, per capirci, che stabilisce la giusta causa nei licenziamenti, possa essere ritentato oggi niente meno che da un eventuale governo guidato da Walter Veltroni. Qualche tempo fa la cosa fu tentata, come si risorderà, da un formidabile fronte formatosi fra il padrone di Mediaset e capo del governo, la Lega con il suo ministro del lavoro, Maroni, e Confindustria alla cui testa – ricordate – c’era D’Amato. Ma il movimento dei lavoratori seppe reagire e respingere l'attacco portato ai diritti di chi lavora e i tre furono costretti a ripiegare leccandosi le ferite. Ebbene, la tentazioni di riprovarci nel nome della sacralità della “produttività” del lavoro tanto cara ai liberal di casa nostra, muovendo questa volta da tutt’altra e “insospettabile” sponda, sembra trovare conforto nel fatto che, in rapida successione, ci sono giunte due notizie poco rassicuranti al riguardo. La prima è che il PD sembra fortemente intenzionato ad imbarcare nelle sue liste per la Camera il prof. Pietro Ichino autore di moltissimi scritti, e conosciuto soprattutto per i suoi fondi sul Corriere della Sera, il cui costante bersaglio è stato la scarsa produttività del lavoro nel nostro Paese. Questi ha confessato a Repubblica di essere fortemente tentato dall’accettare l'offerta, purché – ha messo come condizione – gli si consenta di “continuare la sue battaglie” e fra queste c’è proprio l'idea di mettere le mani al più presto proprio sullo Statuto dei lavoratori. La seconda notizia attiene invece all’accordo raggiunto da Veltroni con i Radicali che rinunceranno ad essere sulla scheda elettorale con il proprio simbolo in cambio di una decina di “posti sicuri” in parlamento, con la Bonino ministro in caso di vittoria. Radicali che in tema di lavoro la pensano allo stesso modo del prof. Ichino, basti ricordare che nel 2000 furono loro a lanciare la prima durissima offensiva contro lo Statuto dei lavoratori, raccogliendo le firme per due referendum che poi non raggiunsero il quorum: uno per abrogare proprio l’art. 18, meglio ancora una parte fondamentale di quelle norme; l’altro per rendere più difficile l’adesione dei lavoratori al sindacato confederale e quindi, implicitamente, per renderli più deboli di fronte ai datori di lavoro. Il fatto poi che Walter Veltroni, nell’annunciare la sua volontà (correndo dietro ancora una volta a Berlusconi) di far approvare dal suo consiglio dei ministri 12 disegni di legge i cui contenuti renderà noti il 13 marzo, ha accennato comunque a temi come la casa, la sicurezza, i treni ed altro ancora, tralasciando completamente il tema del lavoro, accende in noi un altro segnale di allarme. Ci ricordiamo con nostalgia quando, poco più che bambini, correvamo allegramente in una piazzetta dietro una palla spesso sgonfia, tentando di emulare i nostri idoli del calcio nazionale. Solo che il terreno di gioco era talmente ridotto da rendere praticamente impossibile il calcio d’angolo (poi avremmo imparato ad usare anche noi il più esotico termine “corner”), per cui ci eravamo adattati alla casereccia regola secondo la quale per ogni tre mancati calci d’angolo si aveva il diritto di tirare un rigore. Ora, siccome tre indizi (“corner”) tutti insieme giustificano un ragionevole sospetto anche in politica, sia chiaro- come ha spiegato lo steeeo Bertinotti - che se l’intento di queste manovre è, come temiamo, quello di muovere un nuovo insensato attacco nei confronti di quella che viene considerata una delle leggi più avanzata sul lavoro a livello mondiale, perché impedisce, fra l’altro alle aziende di disfarsi di un lavoratore senza neppure dirgli perché, la Sinistra Arcobaleno rivendica il diritto a tirare il “rigore” che le spetta, per cui sin da adesso si unisce a quanti chiedono di “rivedere” questa norma, ma nel senso inverso rispetto a quello invocato dal loro signori: ovvero per estenderla anche alle aziende con meno di 15 dipendenti che adesso ne sono escluse. Condividi