Prima, la querela al gruppo Repubblica-L’Espresso, “colpevole” di avergli posto dieci domande dieci sulla moralità dei suoi comportamenti privati e pubblici, che devono poter essere sottoposti al giudizio del pubblico. Poi, quella all’Unità, e ai suoi giornalisti, “colpevoli” sempre dello stesso, unico, “delitto”: lesa maestà. E cioè di voler indagare e chiedere conto, al premier, non tanto dei suoi vizi privati, quanto della sua assoluta mancanza di pubbliche virtù. Nel mezzo, la campagna denigratoria, volgare e offensiva condotta dal suo “Giornale” (di famiglia, in quanto controllato direttamente dal fratello Paolo) e dove ha richiamato in servizio Vittorio Feltri, direttore che ha dato il peggio di sé, in questi anni, dirigendo Libero, contro il direttore di Avvenire Dino Boffo. Campagna che è arrivata a costringere lo stesso Boffo, accusato di ogni nefandezza, alle dimissioni proprio oggi. Dopo una campagna che aveva il chiaro obiettivo di “rimettere in riga” quella Chiesa cattolica che ha osato, in questi mesi, prendere posizioni non sempre (o, almeno, non tutte) favorevoli al governo, dal dl sicurezza ai diritti di profughi e migranti. Ecco perché, pur nella assoluta differenza di posizioni politiche che abbiamo, come Rifondazione comunista, nei confronti delle opinioni di Avvenire, al giornale dei vescovi e al suo direttore va, oggi, la nostra piena solidarietà.
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