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di Eugenio Pierucci Qualcuno ha provato a calcolarli e di recente ne è stato anche reso noto il risultato: sarebbero circa 400 mila ogni anno gli italiani che scendono al di sotto della “soglia” di povertà a causa di “imprevisti di tipo sanitario”. Si tratta di persone che in situazioni normali ce la fanno ancora ad arrivare alle fine del mese con gli stipendi e le altre entrate che riescono a mettere insieme, ma è sufficiente un imprevisto, che so, la necessità di curare una carie fastidiosa o ricorrere alle cure di un costoso specialista privato, ed ecco che gli equilibri faticosamente mantenuti saltano di colpo. Allora diventa difficilissimo arrivare alla fine del mese e si affaccia per loro il temuto spettro della fatidica quarta settimana, quando i soldi per fare la spesa sono finiti, o rimangono in cassa solo pochi spiccioli, troppo pochi per rivolgersi al solito supermarket. E’ la stramaledetta quarta settimana del mese quando certi discount aumentano di oltre il 10% il loro giro di affari. A dircelo è stata, in un recente convegno, l’Associazione “Giuseppe Rossetti”, della quale è presidente la senatrice Ombretta Fumagalli Carulli, che ha rilevato anche un altro fenomeno inquietante, ovvero che in questa categoria a rischio è caduta anche tanta parte di quella che un tempo definivamo come “media borghesia”, ovvero lavoratori in giacca e cravatta che, con i loro stipendi che venivano considerati medio-alti, ce la facevano ad assicurare un dignitoso tenore di vita alle loro famiglie: la casa comprata con il mutuo, la vetturetta medio-cilindrata pagata a rate, gli studi dei figli, la vacanza al mare ed anche qualche risparmio per affrontare con tranquillità gli imprevisti. Per molti di loro di questa dignità è rimasto solo l’aspetto esteriore, nel senso che sono sempre costretti ad indossare in ufficio la solita giacca e cravatta, solo un po’ più sdrucite, e per il resto ci si arrangia a tirare avanti. Diventa perciò obbligatorio per tanti di loro tagliare le spese, spesso partendo da quella per il cibo: se ne acquista un po’ di meno, facendo grande attenzione agli sprechi, e di qualità più discutibile. Al bando, dunque, alle grandi marche, quelle più reclamizzate e sempre più largo spazio nella dispensa e dispensa alle anonime scatole e scatolette acquistate in qualche discount, magari ben lontano da casa, per non farsi compiangere dai vicini. E, se anche questo non basta, allora non resta che fare buon viso a cattivo gioco, come ci dimostra la sempre maggiore frequentazione delle mense per poveri da parte di signore “distinte”. Ma non solo, se è vero che – come ha dichiarato recentissimamente l’arcivescovo di Perugina, Mons. Chiaretti, la Caritas Diocesana non ha distribuito mai tanti pacchi di alimentari come in questi giorni. E’ questo il risultato al quale ci hanno portato anni ed anni di trasferimento della ricchezza dalle retribuzioni e dalle pensioni al profitto. A dircelo è niente meno che il World Economic Outlook del Fondo Mondiale Internazionale, nota istituzione “rossa”, secondo la quale negli ultimi 25 anni in Europa i salari sarebbero stati letteralmente surclassati perdendo 10 punti nella ripartizione dei pil nazionali del vecchio continente a tutto vantaggio di lor signori. Per capirci meglio, del totale dei Pil nazionali, 25 anni or sono il 73,09% veniva mediamente speso per retribuire il lavoro (autonomi inclusi), nel 2005 questa quota sarebbe scesa al 63,02%. E da allora le cose sono sicuramente peggiorate. Una tendenza che avrebbe interessato tutti i cosiddetti Paesi avanzati del mondo, nessuno escluso, ma che in Europa risulterebbe ancora più accentuata, malgrado che - a quanto ci dicono - le retribuzioni medie si siano incrementate. Un dato che sembrerebbe apparentemente contraddittorio con il primo, ma che si spiega benissimo con il fatto che anche i supermanager fanno tecnicamente parte della più generale categoria dei lavoratori dipendenti, ricevendo anch’essi un assegno mensile: solo che nel frattempo si sono enormemente dilatate le distanze retributive fra loro e gli altri lavoratori, tanto che oggi in Italia la “paga” di un top manager è mediamente 160 volte più alta di quella di un operaio e secondo le inesorabili leggi della globalizzazione liberalcapitalistica si marcia a tappe forzate verso il rapporto 411 a 1 già vigente negli Usa, rapporto abbondantemente superato dal super-super manager Luca Cordero di Montezemolo, presidente di confindustria, con i suoi oltre 5 milioni di euro di appannaggio annuo riconosciutogli dalla Fiat. Ciò che resta per gli operai e gli altri dipendenti è perciò poca cosa, tanto che, secondo un’altra istituzione, ugualmente “sovversiva”, come la Morgan Stanley, la quota andata ai soli salari sarebbe scesa nei Paesi avanzati dal 56% al 53,7% del Pil, solo fra il 2001 e il 2006. Si può dunque ben capire da parte di chi e per quali nobili ragioni, ci si opponga ad ogni ipotesi di ridistribuzione del reddito a favore delle fasce più deboli della nostra popolazione e che, proprio mentre ci si riproponeva di spendere il “tesoretto”, frutto della lotta all’evasione fiscale, per sostenere misure di detrazione fiscale a vantaggio delle retribuzioni e delle pensioni più basse, sia stata decretate la fine prematura del governo Prodi. Condividi